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Antognoni: “Costretto al divorzio dalla società, ma resterò viola per sempre. Il rimpianto…”

Antognoni

L’Unico Dieci si racconta in una lunga intervista: “Il mio matrimonio con la città e con i tifosi è inattaccabile”

“Mio padre gestiva un bar a Perugia, che era anche la sede di un Milan club e io stravedevo per Gianni Rivera. La prima partita che ho visto dal vivo è stata un Bologna-Milan del 1966”. Inizia così una lunga intervista di Giancarlo Antognoni a Il Foglio. Rossonero alla nascita e viola per destino: “Come accade nella favole cavalleresche, mi hanno messo addosso una maglia, che aveva un colore diverso da quella del Milan. Il viola mi è entrato nell’anima e ci è rimasto per sempre. La prima volta in Serie A avevo diciotto anni. Tre giorni prima Nils Liedholm, che all’epoca allenava la Fiorentina, mi aveva detto che a Verona sarebbe toccato a me”.

BANDIERA DELLA FIORENTINA. “A distanza di tanti anni, ogni giorno qualcuno si complimenta con me per quella scelta. Purtroppo con la Fiorentina ho vinto troppo poco, ma l’affetto di un’intera città non mi ha mai abbandonato. Poche vittorie sul campo, ma una, forse più grande, al di fuori. La gratitudine nella vita è importante. Ti torna indietro, solo se sei entrato nel cuore della gente. L’acquisisci negli anni, non la puoi comprare una volta per tutte”. 

RIMPIANTI. “Quali rimpianti ha Antognoni? Di aver vinto quasi nulla con la Fiorentina, di non aver giocato la Coppa dei campioni e la finale dei Mondiali del 1982”. 

IL CALCIO DI OGGI. Mi piaceva più quello di ieri. Ogni dieci anni cambia tutto: calciatori, allenatori, moduli e schemi. Si ricomincia sempre daccapo”. Perché era più bello il calcio in cui lei giocava?  “Non c’erano i falli tattici e i movimenti rigidamente prestabiliti. C’erano più improvvisazione, più gioia e più fantasia. C’erano giocatori che erano liberi di fare quello che volevano. Oggi sono tutti imprigionati dentro il modulo imposto loro dall’allenatore sin dall’inizio della preparazione. Gli artisti del pallone hanno bisogno di libertà per dare lo spettacolo che vorremmo sempre vedere. Non è un caso che i numeri dieci non esistano più. Un tempo i giocatori fantasiosi come Platini, Figo, Maradona facevano la differenza. Oggi no. Oggi conta più il collettivo del singolo”. 

VIA DALLA FIORENTINA. Perché è andato via dalla Fiorentina? “Perché i matrimoni si fanno in due. Sono stato costretto al divorzio dalla società, ma il mio matrimonio con la città e con i tifosi è inattaccabile. Io resterò viola per sempre e dalla Fiorentina non mi separerò mai”. 

SOGNO. “Ho già fatto tutto quel che potevo fare. Mi manca di vincere qualcosa. Ma ormai che posso vincere? Solo la salute e, questa ancora sì, la Nazionale. Un po’ di azzurro non mi farebbe male”. 

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