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Editoriali

La partita di Rocco, nel momento più difficile. Serve un’impresa per uscire indenni da Torino

Commisso

Sembra una missione impossibile, e probabilmente lo è. Ma non sarà una gara come le altre per Commisso

Ha chiamato la squadra subito prima delle partite contro Verona e Sassuolo, per caricare i giocatori e chiamarli a tirar fuori determinazione e orgoglio. Senz’altro, Rocco Commisso farà sentire la sua voce e la sua carica anche prima del match di Torino contro la Juve. A 7 mila chilometri di distanza, il presidente viola sa che contro i bianconeri la sua Fiorentina parte parecchio svantaggiata. Per una missione che sulla carta pare quasi impossibile. Ma non sarà una partita come le altre, per Commisso come del resto per tutti i fiorentini.

DAL TIFO ALL’AMBIZIONE. Dal suo tifo da bambino per i bianconeri, mai nascosto, alla voglia di portare la Fiorentina, col tempo, a competere con la Juve. Questo il suo intento, più volte sottolineato, al suo arrivo a Firenze. Anche se nel frattempo di intoppi ne sono nati parecchi: dalle scelte rivelatesi sbagliate sugli allenatori, a squadre che hanno faticato (e stanno faticando) sul campo, fino al nodo stadio che pian piano ha fatto spazientire Commisso. Credeva di fare ‘fast, fast, fast’, invece per il secondo anno di fila la sua Fiorentina lotta per salvarsi, e sul nuovo stadio si attendono novità da Roma per il Franchi con diversi movimenti locali, nazionali e internazionali che spingono per fermare ogni progetto. Quell’obiettivo di arrivare ai vertici, insomma, è stato frenato da diversi fattori.

FURIA IN TV. Mentre sul campo il ‘suo’ Juventus-Fiorentina riporta a febbraio scorso. L’ultimo incrocio con i bianconeri. Quel 3-0 con due rigori assegnati alla squadra di Sarri che fece imbufalire Rocco in tv. “Io non ho mai criticato gli arbitri, ma non possiamo vederli che decidono le partite in questo modo. Sono disgustato. Con 350 milioni di parco giocatori, la Juve non ha bisogno dell’aiuto dell’arbitro per vincere le partite. Non si possono vedere cose così. Sono arrabbiatissimo”, disse Commisso, con annessa polemica con Nedved che gli disse di andarsi a bere un tè: “Se lo beva lui un tè. Io non parlo con lui, parlo solo con il presidente”. Parole che portarono anche ad una multa da 10 mila euro.

FRECCIATINE. Al di là dell’incrocio parecchio ‘sfortunato’ a livello arbitrale, le frecciatine verso i bianconeri sono arrivate anche in altre occasioni. “Quando giocammo a Firenze Nedved fu l’unico che non mi salutò nonostante sapeva chi fossi, non so perché è così arrogante. Dovrebbe pensare ai problemi di casa sua. Anche la battuta di Lapo Elkann non mi è piaciuta per niente. È un poverino. Anche lui dovrebbe pensare ai suoi problemi“, disse ad esempio circa un anno fa. “La Juventus vince sempre in Italia, poi quando va in Europa torna a casa senza niente. Il campionato deve essere più equilibrato e da quest’anno c’è anche la Fiorentina che proverà a competere”, disse appena arrivato a Firenze. Fino alla battuta su Agnelli di qualche settimana fa: “Un povero immigrato dalla Calabria è dovuto tornare in Italia per finanziare gli Agnelli vendendo un giocatore a rate”, oltre ai vari riferimenti alla Fiat, sia sugli aiuti statali, sia sui licenziamenti dei dipendenti (“Alla Mediacom ho fatto tutto con i miei soldi, e non ho mai fatto licenziamenti di massa“).

CHIESA. Scintille varie, insomma. Domani la vivrà a distanza, Rocco, ma vedrà di fronte alla sua Fiorentina Federico Chiesa. Per la prima volta da ex viola, dopo le lunghe polemiche per il suo passaggio in bianconero. Da quel “non sarà il mio Baggio”, ripetuto da Commisso fin dal suo arrivo, con tanto di promessa al bambino del Meyer di trattenere ancora un anno Federico, fino alla burrascosa cessione nelle ultime ore di mercato con quel mancato saluto del giocatore al presidente. “Sono deluso per come si è comportato con me, abbiamo dovuto mandare i documenti a Coverciano perché non voleva venire al centro sportivo per firmarli. E non mi ha neanche salutato”, le parole di Rocco, che pure lo aveva ‘corteggiato’ fin dalla precedente estate a New York, provando anche la riconciliazione con il padre Enrico. Tentativi a vuoto, e cessione con pagamenti dilatati alla Juve che ha fatto parecchio discutere.

MISSIONE (QUASI) IMPOSSIBILE. Anche perché nel frattempo la Fiorentina è andata in picchiata. Senza Chiesa una sola vittoria in 10 partite di campionato, con l’attacco che ha fatto perdere le proprie tracce. “Prima c’era un giocatore che ‘strappava’ e portava il pallone in area, ora dobbiamo organizzare un gioco diverso”, ha detto un paio di volte Prandelli. Sicuramente l’esterno ex viola, decisivo con l’Atalanta una settimana fa (e in panchina con il Parma nell’ultimo turno, quando è entrato solo negli ultimi minuti), sarà uno di quelli da tenere più sott’occhio. Insieme a Ronaldo e Morata, due tra le punte più in forma del campionato. Sedici gol per CR7 in stagione, 10 per lo spagnolo. Nella Fiorentina Vlahovic è fermo a tre, ad esempio. Mentre Ribery è a secco, Castrovilli è a 4 ma da quasi due mesi sta incanalando solo prestazioni negative.

SFIDA IMPARI. Sembra, insomma, a tutti gli effetti una sfida impari. E probabilmente lo è. La Fiorentina non vince dal 25 ottobre in campionato, è reduce da 4 punti in 8 partite, fuori casa non ha mai vinto (2 punti in 6 gare). Segna con il contagocce (13 gol fatti, 4° peggior attacco, 3 reti nelle ultime 8 gare) e ha subito sempre gol tranne che in 2 occasioni. Di contro una Juve che sta trovando la forma migliore dopo un avvio stentato. Il poker al Parma è stato il manifesto dei progressi bianconeri che già si intravedevano da qualche settimana, nonostante l’1-1 con l’Atalanta avesse fatto infuriare parecchi tifosi juventini. Messa così, pare l’avversario peggiore in una crisi viola che pare senza fondo. Nonostante i timidi progressi nell’atteggiamento visti nelle ultime due gare.

SERVE UN’IMPRESA. “Voglio una squadra coraggiosa e sfacciata, quando la Juve ci concederà qualcosa”, ha detto Prandelli alla vigilia. In altri tempi, del resto, c’è stata anche una Fiorentina che, partendo spesso sfavorita, ha saputo ribaltare i pronostici anche contro Juventus più forti di quella attuale. Nell’anno del ritorno in Serie A, ad esempio, la Viola di Zoff pareggiò 3-3 in casa con la Juve di Capello, quella di Mihajlovic pareggiò due volte tra 2010 e 2011, stesso risultato per la Fiorentina di fine 2001 che poi retrocesse e fallì. Mentre quella del ’92 che poi retrocesse, seppe avere un moto d’orgoglio con il 2-0 alla Juve di Trapattoni. L’anno prima, invece, l’1-0 con il rigore parato da Mareggini. Uno che, ad esempio, è rimasto nella memoria e nel cuore dei tifosi (anche) per quella parata. ‘Magia’ che solo un gesto significativo contro la ‘nemica di sempre’ può creare. Questo deve spingere i giocatori viola allo Stadium. In una stagione in cui senso di appartenenza e orgoglio fiorentino è stato spesso contestato. Ma ora, forse, si sta ritrovando. Sembra una missione impossibile, e forse lo è. Ma c’è da salvare la faccia, e uscire quanto meno a testa alta dal campo. Per portare a casa punti, invece, servirebbe una vera e propria impresa.

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