La squadra di Pioli deve trovare grinta e identità, senza appellarsi alle (opinabili) decisioni arbitrali
La Fiorentina torna da San Siro con una nuova, pesantissima, dose di dubbi e preoccupazioni. Non è soltanto la quarta sconfitta nelle prime sette giornate a fotografare un avvio di stagione disastroso, che porta peraltro con sé l’ultimo posto in classifica, ma il modo in cui è maturata: poco gioco, pochissime idee, senza identità, e soprattutto senza quella rabbia che una squadra in difficoltà dovrebbe avere. Il Milan, privo di mezza difesa e con l’emergenza a centrocampo, ha avuto vita facile nel primo tempo (chiuso dai viola senza tirare nemmeno una volta verso la porta di Maignan) e ha ripreso, e vinto la gara, con una serenità disarmante. Per i viola, un altro passo indietro sul piano mentale e tattico, che conferma la sensazione di una squadra in piena confusione.
APPROCCIO SBAGLIATO, REAZIONE SCOMPOSTA. Al di là del risultato, ciò che preoccupa è l’atteggiamento. Pioli nella conferenza stampa dell’antivigilia aveva chiesto ai propri giocatori di fare la partita ed essere propositivi, invece la Fiorentina è stata incapace, per larghi tratti, di creare gioco e verticalizzare le giocate. Il possesso sterile e la mancanza di profondità sono diventati la fotografia esatta di un gruppo senza riferimenti. Il gol di Gosens dopo dieci minuti dall’inizio della ripresa è nato in maniera del tutto casuale, ed il vantaggio del Milan, arrivato tra mille polemiche, non può essere una giustificazione per l’ennesimo risultato negativo di questo avvio di stagione. Negli ultimi minuti, più che una reazione, si è vista una squadra impaurita, priva di idee e di coraggio, incapace di alzare il ritmo e rendersi realmente pericolosa nell’area rossonera.
UNA SQUADRA SENZA SÉ STESSA. La Fiorentina gioca a strappi, vive di fiammate individuali e si spegne alla prima difficoltà. In tal senso, non è casuale che ieri sera sia arrivata la terza sconfitta da situazioni di iniziale vantaggio (Como, Roma e Milan). Gudmundsson, entrato nella ripresa, non ha mai trovato la posizione; Kean, ancora una volta, non ha avuto palloni giocabili in area di rigore o spunti individuali nella profondità della difesa rossonera; la distanza tra i reparti è diventata un abisso, col centrocampo che è diventato un problema vero, incapace di ripulire palloni e gettare fantasia nella manovra. Non c’è costruzione, non c’è fiducia. L’impressione è quella di una squadra che non ha ancora capito chi è, e che manca di compattezza nei momenti salienti della partita.
SERVE CHIAREZZA, NON CONFUSIONE CHE SI AUTOALIMENTA. Stavolta il caos è perfino spaziato dal campo fino alle dichiarazioni post-partita di Pioli e del ds Pradè. “Le responsabilità ci sono, ma sono mie e dei giocatori in questo momento, il club ci mette nelle condizioni migliori per lavorare”, ha ammesso il tecnico nel post gara. Pradè, invece, si è addossato per la prima volta gran parte della responsabilità “se c’è una persona che oggi dovrebbe dimettersi o essere cacciata quello sono solo io” in un ultimo, forse disperato, tentativo di alleggerire le posizioni di squadra e allenatore. Ma la verità è che il problema va oltre le singole figure e le dichiarazioni di circostanza. È un nodo profondo, che riguarda la tenuta mentale, l’identità tattica e l’organizzazione complessiva del gruppo. Manca una direzione precisa, un filo conduttore che unisca gioco, principi e scelte tecniche. Ogni partita sembra un esperimento nuovo, ogni sostituzione un azzardo più che una soluzione.
PIOLI, IL MOMENTO DI UNA (VERA) SVOLTA. Dal tecnico continua a filtrare fiducia, ma la pazienza non potrà essere infinita. “La prestazione la squadra l’ha fatta in tutto e per tutto, contro il Milan che stasera è primo in classifica. Noi purtroppo siamo ultimi”, ha detto ieri Pioli al termine del match. Parole di circostanza, che oggi suonano vuote di fronte a una classifica che è pesantissima e a una squadra che sembra aver smarrito, o forse mai trovato davvero, la bussola.
Giovedì la Conference, poi il Bologna al Franchi e l’Inter: tre partite che potrebbero indirizzare il destino di Pioli, soprattutto quelle di campionato. Servono scelte chiare, coraggio e il raggiungimento di un’idea di gioco che, per adesso, pare solo una chimera. La confusione non nasce soltanto dal campo, ma dal messaggio che la società e tecnico trasmettono all’esterno: un misto di buone intenzioni che non bastano più a coprire il vuoto di idee. E quando la chiarezza manca a tutti i livelli, il rischio è che il caos diventi abitudine.
Di
Francesco Massimo Ascione