Il ds parla di dimissioni, la città contesta e la classifica fa paura. Serve intervenire in fretta
Tre punti in sette partite, ultimo posto in classifica. Mai la Fiorentina era partita così male nella sua storia centenaria. Una situazione che preoccupa, sempre di più. Anche perché non si vede una via d’uscita, un tunnel buio in cui si mescolano nervosismo, paure, insicurezze, a volte rassegnazione di fronte agli episodi. Nel calcio tutto questo produce poco o niente, e il filotto negativo ne è la logica conseguenza. Al di là delle ultime partite perse di misura contro la Roma e contro il Milan, due squadre che si giocano i primi posti del campionato.
DIMISSIONI. Alibi non ce ne sono più. E non ce ne devono essere. Sì, si devono fare punti anche contro Roma e Milan. Avversarie peraltro non certo irresistibili, come si è visto. Ma è dalla Fiorentina che serve qualcosa di diverso. Poco o nulla che funziona, del resto. Con Pradè e Pioli che si sono presi rispettivamente le responsabilità per il periodo nero. “Se c’è una persona che ci può togliere da questa situazione è soltanto Stefano”, ha detto il ds nella notte di San Siro. “Tutto il resto è colpa mia: abbiamo contestazioni a Firenze, che può essere solo su di me perché la proprietà mi ha messo a disposizione più di 90 milioni di euro per costruire la squadra. Gli obiettivi erano altri, perciò se c’è un colpevole quello sono io. Se c’è una persona che oggi dovrebbe essere cacciata o dimettersi quello sono solo io. Gli altri devono stare sereni, fare il loro lavoro e sapere che hanno le potenzialità per essere una grande squadra”. Per poi ribadire in conferenza stampa: “Dimissioni? A caldo direi soltanto cose stupide. Se c’è una contestazione oggi, è giusta. Le colpe sono mie, i soldi li ho spesi io. Avevo a disposizione un budget alto e invece ci ritroviamo in questa posizione di classifica“.
RESPONSABILITA’. Pioli, che in tv ha ascoltato da vicino le parole di Pradè, con amarezza ha invece portato su di sé l’attenzione: “E’ uno dei motivi per i quali sono così dispiaciuto dei non risultati, perché la Fiorentina ha investito tanto su di me, sul mio lavoro. Le responsabilità ci sono, mie e dei giocatori in questo momento, non del club che ci mette nelle condizioni migliori per lavorare”. Hanno di fatto ragione entrambi, le responsabilità sono condivise. Per il mercato (condiviso anche questo), per la gestione quotidiana, per una proposta di calcio che non si vede, per quello che il gruppo non riesce a dare in campo. Al di là dei risultati, non c’è un giocatore che stia rendendo in base non solo al proprio potenziale, ma ai propri standard: da De Gea a Kean, passando per tutti gli altri. Leader, giovani, pseudo talenti. Nessuno.
DECISIONI FORTI. Una situazione così nel calcio impone scelte importanti. Prese di posizione forti. In un senso o nell’altro. Anche da parte della proprietà, che pure ha investito tanto quest’anno. Fin qui tutto è andato avanti in maniera lineare, con la convinzione che qualcosa sarebbe cambiato. Ma così non è stato, è evidente. Gli episodi hanno pesato, la di là delle prestazioni negative, ma la Fiorentina ci si è infilata dentro da sola. Mica solo sfortuna, ci sono tanti demeriti nei punti persi da svantaggio, negli errori sulle palle inattive e in zona offensiva. Una situazione complicata e a tratti paradossale, con un direttore sportivo (contestato duramente dalla piazza) che parla apertamente di dimissioni e che conferma a spada tratta l’allenatore che ha fortemente voluto, affidandogli un progetto triennale da 3 milioni a stagione. Mentre il direttore generale, figura di riferimento del presidente, non ha mai preso decisioni forti in situazioni così, occupandosi in questi mesi di tante cose ma lasciando al ds la gestione tecnica. Servirebbe insomma la voce (e la presenza, sempre molto importante e incisiva) di Commisso, che segue tutto dagli States ma che deve anche affrontare e recuperare da alcuni problemi di salute (dopo l’operazione per lombosciatalgia). E il patron a sua volta ha sempre difeso Pradè, confermandolo anche nei momenti più delicati, così come ha sempre evitato grandi cambiamenti.
L’ASSENZA FORZATA DEL PRESIDENTE. Insomma, la situazione resta molto delicata. Perchè lasciare andare ancora la barca da sola può essere pericoloso. Ma che decisioni possono essere prese? E da parte di chi? Da un lato c’è anche un senso di responsabilità da parte di Pradè, per non lasciare un ulteriore vuoto in società (specie con l’assenza fisica di Commisso), così come da parte di Pioli, un comandante che non vuole lasciare affondare la nave e tradire la fiducia di club e tifosi in un momento così. Dall’altro però non ci si può affidare alla convinzione che le cose riusciranno ad assestarsi da sole, magicamente. Perché intanto la Fiorentina è ultima, non ha mai vinto in campionato, dopo Vienna ci saranno Bologna e Inter. E il terrore di trovarsi a fine ottobre in acque ancora più torbide c’è. Chi è nel calcio da tanti anni, proprio come Pradè e Pioli, sanno che queste stagioni possono diventare infauste se non si agisce in fretta e con decisione. Possono svoltare, come fece la Roma ad esempio l’anno scorso, o anche finire malissimo, come nel ’92/’93 (quando tra l’altro Pioli giocava in viola). O con salvezze racimolate all’ultimo minuto, come accaduto anche nel recente passato. La notte è passata senza scossoni, vedremo se in giornata arriverà qualche altra presa di posizione.
Di
Marco Pecorini