Una sorta di Re Mida del pallone, che se non trasforma ogni occasione in oro poco ci manca. Perché Mauro Zarate, fin qui, peraltro sempre subentrando (titolare lo è stato solo col Genoa, ma 28 minuti erano già stati giocati), in 205 minuti è stato capace di segnare 4 gol, in media uno ogni 51 minuti o, se preferite, uno ogni quattro tiri in porta.
È l’uomo della provvidenza, e pure dell’anarchia perché marcarlo, per gli avversari, è complicatissimo. Se non fosse stato per la traversa colpita a Genova nel recupero della terza di campionato, avrebbe addirittura numeri da marziano.
Il suo primo pensiero l’altra sera, quando per una manciata di minuti ha portato Firenze e la Fiorentina in paradiso, col gol del momentaneo 3-2 contro il Napoli, il primo pensiero è stato per i suoi cari.
Per la moglie Nat, che era in tribuna e che l’ha immortalato, piccolo David in miniatura in piedi sul cartellone pubblicitario ad abbracciare simbolicamente la Curva Fiesole, e pure per i suoi figli, Mia e Rocco, la forza più grande anche nel momento della disperazione. La dedica è stata tutta per loro: «Alla mia famiglia» ha detto agli amici più stretti. Aggiungendo subito dopo, «il prossimo anno però voglio giocare». Adesso tocca alla società, in particolare a Pantaleo Corvino, difenderlo.
Perché è vero che non è più giovanissimo – Zarate il prossimo marzo compirà 30 anni – ma può essere lui l’arma in più della squadra viola, il dodicesimo titolare, quello capace di scompigliare le carte in tavola e solleticare pure la fantasia della gente che da subito se n’è innamorata.
Già dalla sua prima rete con la Fiorentina, lo scorso 3 febbraio, in pieno recupero contro il Carpi, in una gara che pareva destinata a un anonimo pareggio. L’accese allora la Fiorentina e ha fatto altrettanto quest’anno, pur col dolore nel cuore per la malattia della moglie, lontana un oceano e impegnata nella sfida per la vita, contro un cancro maledetto.
Per questo è partito diverse volte per Buenos Aires, sempre con il permesso della società. Poi, qui in Italia lo hanno aiutato, oltre ai compagni, anche i suoi genitori. Nat, Mia e Rocco lo hanno comunque guidato pure da lontano.
Doppietta col Qarabag, nella notte in cui Firenze si è inchinata a quella sua dichiarazione d’amore alla moglie tanto bella quanto drammatica, capace di mettere al tappeto chiunque, quindi di nuovo gol contro la Lazio, nello stadio che era stato il suo, di fronte a un pubblico che lui non ha mai smesso d’amare, nonostante l’addio burrascoso con il club, finito persino in tribunale.
Col Napoli, Sousa ha osato e lui l’ha ripagato con l’arma migliore, quella che dovrà esser capace di sfruttare in questo 2017. Perché un giocatore così, un piccolo principe che davvero sa che l’essenziale è invisibile agli occhi ma che le sue magie coi piedi sa mostrarle benissimo, non può essere ceduto adesso. In Europa ha una percentuale realizzativa di oltre il 65% (2 gol con 3 tiri), mentre in campionato almeno una volta su due è stato in grado di centrare lo specchi≤o della porta.
Non è certo l’Adrian Mutu di questa era viola, ma per certi versi lo ricorda molto, dribbling e parabole disegnati col pennello. Ecco perché può diventare un detonatore d’entusiasmo, oltre che di colpi, anche coi più giovani, spregiudicati quanto lui e affamati come lui, l’argentino che sorseggia il mate nel cuore di Firenze. Di questo Re Mida del gol, adesso, la Fiorentina non può permettersi di fare a meno. E lo sa bene pure Sousa.
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Redazione LaViola.it