Le parole di Vlahovic, rimbalzate dalla Serbia, certificano la voglia di rimanere a Firenze e di lavorare con Gattuso. “Ma senza l’incontro con Prandelli niente di tutto questo sarebbe successo”
Quelle parole, rimbalzate a Firenze nel tardo pomeriggio di una domenica piuttosto vuota, più o meno di inizio estate, hanno già lasciato il segno. Mittente Dusan Vlahovic. Musica per le orecchie dei tifosi, della società e del nuovo allenatore. Parafrasi: resto qui, contento di lavorare con Gattuso. Ma andiamo con ordine.
Dusan Vlahovic, reduce dai 21 gol in campionato e da qualche giorno di riposo, è in Serbia anche per rispondere alla convocazione del suo Ct, che lo ha chiamato per le amichevoli contro Jamaica e Giappone. Una piccola appendice alla stagione, visto che la sua Serbia non si è qualificata per l’Europeo, eliminata ai rigori dalla Scozia nello spareggio. Quel che più conta, però, è l’intervista rilasciata oggi. Un paio di passaggi mettono il sigillo a quanto già si immaginava. L’arrivo di Gattuso è sinonimo di garanzia anche per la permanenza a Firenze di Vlahovic. Possibilmente con il rinnovo in tasca, ma questa al momento sembra una storia diversa.
La storia principale racconta di un Vlahovic deciso a restare in viola e voglioso di conoscere presto il suo nuovo allenatore: “E’ un campione del mondo, ha giocato per il Milan, non so nemmeno quante Champions League ha vinto. Per quanto ho capito, è un allenatore che non si arrende mai. Un grande motivatore affamato che vuole sempre vincere. Non vedo l’ora di incontrarlo”. Punto, e a capo. Chi aveva ancora dei dubbi sulla sua permanenza può aver cominciato a toglierseli.
Secondo passaggio: “Futuro? Mi sto solo concentrando sul calcio. Ho imparato che è importante riposare tanto quanto allenarsi. Mi rivedo alla Fiorentina, ho altri due anni di contratto e il 7 luglio sarò lì per l’inizio della nuova stagione”. Insomma, immaginare un suo addio dopo queste parole, è davvero difficile.
Vlahovic, però, si è dimostrato anche un signore nel non dimenticare quel che è successo nel recente passato. Carezza a Iachini, ma soprattutto a Cesare Prandelli. L’incontro del destino, che ha cambiato la sua prospettiva e quella della Fiorentina: “La svolta nella mia carriera fino ad ora è stata l’arrivo in panchina di Cesare Prandelli. Allora ero in nazionale e i miei amici mi hanno mandato le sue dichiarazioni in cui parlava molto bene di me. In quel momento non ci ho prestato molta attenzione. Quando sono tornato, ci siamo subito seduti, abbiamo parlato e lui mi ha spiegato cosa voleva e cosa aveva in programma per me. Mi ha detto di non preoccuparmi, di essere sollevato, che mi avrebbe dato una possibilità. Non ho segnato un gol nelle prime cinque partite. Dopo cinque partite, finalmente con il rigore realizzato contro il Sassuolo ce l’ho fatta e quell’obiettivo è stato il più difficile della mia carriera finora. Senza l’aiuto di Prandelli niente di tutto questo sarebbe successo. Mi ha spinto. Mi ha dato una fiducia illimitata e gli sarò grato per il resto della mia vita”. Non occorre scatenare polemiche su chi abbia contribuito maggiormente alla salvezza tra Prandelli e Iachini, ma le parole di Vlahovic sono chiare. A livello personale, l’incontro con Prandelli, è stato decisivo.
Adesso, come detto, Nazionale, vacanze e futuro. Vlahovic ha una voglia matta di ricominciare e la speranza adesso è una soltanto: che la Fiorentina costruisca una squadra forte intorno a lui. Il resto ce lo metterà Gattuso. Non poco. Anche perché Rino e Dusan sembrano essere fatti della stessa pasta.
Di
Alessandro Latini