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Vlahovic: “A Firenze si sta da Dio. Ho scelto con il cuore. Con Italiano ci si diverte”

Vlahovic

Dusan a 360°: “Hai sempre uno addosso che spinge e non ti fa respirare, ogni minimo sbaglio ti corregge. Italiano è uno dei motivi per cui sono rimasto. Jovetic e Ibra…”

Dusan Vlahovic si è concesso in una lunga intervista a DAZN, toccando diversi temi del suo mondo: “I miei migliori amici in viola? Naturalmente Milenkovic, anche Terzic è entrato in Nazionale ora. Ma si è creato un bellissimo gruppo”.

FIRENZE. A Firenze si sta da Dio, sono arrivato quando ero molto molto giovane, piccolo, era la prima volta che ero lontano dalla mia famiglia. È la mia seconda casa“.

RIMASTO. “Io parlo sempre in modo sincero, noi dei Balcani facciamo le cose più con il cuore che con il cervello. Mi sentivo di rimanere, era la mia scelta, parlando con famiglia e amici penso che qui posso crescere ancora e che posso fare un passo in avanti. Tanti gol, tanti assist, vincere tante partite. Poi per il resto quello che viene, viene”.

CUCCHIAIO.Ci possono essere tanti rischi, ma se vivi una vita senza prenderti un minimo di rischio non vale la pena. Ci sono tanti esempi di rischi: come Totti con il cucchiaio contro l’Olanda, poi rimane per sempre. Io lo feci in finale di Primavera con il Torino: vincemmo 2-0 l’andata al Franchi, da Torino parlavano di un rigore e non dicevano che la partita era rubata, ma quasi. Parlando con i compagni dicevo: va bene, se ci sarà un altro rigore farò il cucchiaio. È successo così. Singo mi fece fallo, il capitano Lakti si avvicinò e mi incoraggiò. E io feci il cucchiaio. Mi dissero ‘sei pazzo?’. Eh… sì“.

TRA STELLA ROSSA E PARTIZAN. “Avevo 14 anni, la Stella Rossa giocava un torneo e chiamarono mio padre per mandarmi a giocare con loro. Io dovevo fare la scuola, dovevo fare un esame. Andai a giocare la semifinale, feci gol ma poi sbagliai un rigore. Ma seguii il cuore: tutti siamo tifosi del Partizan in famiglia, quando mi ha chiamato non ci ho pensato due volte. Il più giovane nel derby di Belgrado? Ero gasato, sei mesi prima ero in curva a tifare quei giocatori. Al 55′ mi chiama il mister, e dico: ‘Io?’. Mi preparo subito, pronto. Da ragazzino esultavo come Ronaldo, mi gasava questa cosa perché era la nuova esultanza, la usavano tutti. Facemmo una sorta di scommessa nello spogliatoio”.

IBRA. “Idolo? Per me è mio papà, la mia mamma, la mia sorella. Se parliamo dei giocatori, mi piaceva Ibra per il suo carattere e la sua voglia di non mollare mai. Tutto quello che ha fatto, l’ha fatto da solo. Io non mi sento Ibra, stiamo parlando di un giocatore e di una persona che sappiamo com’è. Mi stuzzicava come faceva, come si comportava, giocate mostruose, non permetteva a nessuno di comandarlo. Ci ho parlato dopo una partita persa a Firenze 3-2, lui fece gol. Gli ho chiesto la maglia, l’ho aspettato fuori dallo spogliatoio. Mi ha dato la maglia, me l’ha firmata e abbiamo fatto la foto. Mi ha scritto la dedica nella nostra lingua. Questo mi ha fatto un grandissimo effetto. Mi ha detto di continuare così, non mollare mai. Io non sono molto bravo a parlare quando incontro una persona che volevo incontrare, mi blocco. Dicevo solo ‘grazie, grazie’. Ora la maglia è in un quadro”.

JOVETIC. “Altri idoli balcanici? Jovetic. Giocava nel Partizan e nella Fiorentina. Lui a 18 anni è diventato capitano del Partizan, io andavo allo stadio tutte le domeniche. Con mio papà dicevamo: ‘Ma questo da dove viene?’. Avevo una maglietta, senza numero e senza scritta, ci incollai il suo numero 35“.

ITALIANO. Uno dei motivi per cui ho scelto di rimanere è stato lui. Dopo il ritiro ho detto: con questo ci si diverte ragazzi. Rompe le scatole? Non è vero, così si deve fare. Hai sempre uno addosso che spinge e non ti fa respirare, ogni minimo sbaglio ti corregge. Vuol dire che puoi solo migliorare. Mi piace, mette tanta concorrenza. È molto divertente giocare per lui. Mi chiama sempre Dusan quando è arrabbiato (ride, ndr). Mi dice ‘Striscia‘, ‘Fuori linea‘, ‘Conduci‘, ‘Sotto canestro, come Shaquille O’Neal‘, cioè che devo proteggere la palla”.

SERBI FORTI IN TANTI SPORT. Siamo una Nazione talentuosa, sono molto orgoglioso essere serbo. Se potessi scegliere di nuovo, sceglierei di nascere là. Io ho iniziato a giocare a pallacanestro, gioco anche a tennis, padel. Sono ‘matto’, ma non in senso cattivo, non faccio casino. Ma nel senso che non sto mai fermo, urlo, scherzo, rido. Easy“.

CARATTERE.Se sei giocatore non vuol dire che sei sopra ad un altro, per me siamo tutti uguali. Io arrogante? Forse sul campo, non conosco né madre, né papà, né fratello. Per me in campo è solo vita o morte. C’è autostima, ma arrogante mai“.

FANTACALCIO. Poi sul fantacalcio: “Mi scrivono più fantallenatori o ragazze? Fantallenatori (ride, ndr). Mi mettono un po’ di pressione, che mi hanno pagato 150-200 fantacrediti. Poi se non segno so cosa dicono…”.

MEDICINA. “Iscritto a Medicina? Me lo diceva mia mamma, come tutte le madri. Ho fatto un anno in Serbia, ma non sono stato molto a scuola. I professori ci hanno chiamato e ci hanno consigliato di non andare più. Avevo tanti impegni con il club, poi sono entrato in prima squadra e sono andato in una scuola privata”.

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