Un anno fa la Fiorentina era la rivelazione del campionato e i tifosi, incantati, quasi si scioglievano davanti a Paulo Sousa, il maestro. Oggi il calcio del portoghese è diventato stucchevole e prevedibile, la squadra si è allungata, il ritmo abbassato e il pallone si muove solo per linee orizzontali. Tutto in dodici mesi è cambiato. La Viola è diventata normale, banale, monocorde e l’allenatore sembra aver smarrito l’energia che lo aveva spinto a osare e sorprendere. Il suo calcio, a cui la serie A ha preso le misure, è involuto e risente della crisi delle stelline, da Borja Valero a Ilicic, dal geometra Badelj sino a Kalinic, per non parlare di Tello.
«I risultati sono la base di tutto e non sono quelli dell’anno scorso», l’ammissione di Paulo dopo due settimane di riflessioni e prove tattiche e davanti all’incrocio più pericoloso della sua avventura. È vero, la Fiorentina è in ritardo nel gioco e in classifica, ma saranno le prossime 7 partite nello spazio di 21 giorni a svelarci la vera identità viola. Il calendario, all’apparenza, le dà una mano senza scontri diretti però «il calcio ci ha dimostrato che nessuna partita è facile da vincere e che le squadre più deboli spesso ci hanno creato difficoltà». L’Atalanta, la prima montagna da scalare, viene da due vittorie consecutive, l’ultima contro il Napoli, è in salute e non ha niente da perdere. «Ma noi vogliamo i tre punti», garantisce Sousa.
Sarebbe il modo migliore per cominciare il periodo cruciale. Serve una svolta, subito. Dopo l’Atalanta ci sarà il Cagliari in trasferta e poi Crotone, Bologna e Sampdoria. Nel mezzo l’uno-due con lo Slovan Liberec per l’Europa League. Nessuno si azzarda a fare tabelle, ma ci vuole poco a capire che è l’ora di badare al sodo. I risultati prima del gioco, anche se poi senza gioco è difficile fare risultati.
I tifosi chiedono spirito, entusiasmo, orgoglio. Soprattutto si chiedono se i giocatori siano scarichi (sarebbe inaccettabile) e perché l’allenatore non esce dalla prigione tattica della punta con due incursori. Se il Franchi, sino adesso, è stato un fortino (tre partite, due vittorie, zero gol al passivo ma l’imbattibilità resiste addirittura dallo scorso 24 aprile con la Juve), l’attacco è un pianto. E chissà se Paulo, complice l’assenza di Ilicic fuori dai convocati per la botta alla caviglia subita in nazionale, sceglierà Babacar (il più in forma di tutti) a fianco di Kalinic con Borja Valero dietro le punte e Sanchez a fianco di Badelj in mezzo al campo. Bernardeschi e Milic, nelle prove del sabato, si sono mossi sugli esterni. E sul ruolo di Berna in questi giorni tanto si è discusso. Sousa sembra convinto che possa fare l’interno come è successo in nazionale e intanto lo sprona anche ruvidamente: «Federico deve migliorare il gioco spalle alla porta. Da interno, con le sua qualità, può fare male. Però deve crederci». Lui come tutta la squadra.
È il momento della verità. Paulo non può sbagliare. La società gli è stata vicina: da Andrea Della Valle sino al presidente Cognigni, soprattutto il dg Corvino. La Viola, nel momento difficile, ha fatto quadrato. Ora però l’allenatore deve darsi una mossa. Tocca a lui, l’uomo che un anno fa aveva sorpreso la serie A, guidare la riscossa.
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Redazione LaViola.it