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Veretout, Mancini, Zaniolo, Kalinic: gli ex sfidano i viola, tra ‘veleni’ e addii burrascosi

Due hanno lasciato la Fiorentina da giovanissimi, due da giocatori affermati. Domenica sfidano Pezzella e compagni all’Olimpico

C’è chi ha lasciato Firenze dopo un lungo tira e molla, e chi invece è stato ‘scartato’ alla leggera salvo poi fornire un carico di rimpianti. La Fiorentina si ritroverà davanti domenica a Roma una nutrita carica di ex, con il solito rischio di venire beffata da chi nel recente passato ha vestito proprio la casacca gigliata. Una dura e amara ‘legge’ che da queste parti è spesso sentenza. Lo sa bene Nicolò Zaniolo, a segno anche nella partita d’andata contro la Fiorentina e autore di due gol e un assist nei tre precedenti in Serie A contro i viola.

RIMPIANTO. La sua storia è nota, anche se in casa gigliata c’è ancora chi mastica amaro per averlo poi visto esplodere a Roma (con il rammarico che coinvolge in larga parte anche l’Inter): cresciuto nel settore giovanile della Fiorentina, nel 2016 – approfittando anche del passaggio di direzione sportiva tra Pradè e CorvinoZaniolo è passato da svincolato all’Entella, poi l’Inter (con cui a livello di Primavera ha regalato altri ‘scherzetti’ ai viola) e quindi la Roma, in uno scambio con Nainggolan (erano coinvolti anche Santon e 24 milioni cash in favore dei giallorossi) che fa ancora mordere le mani ai nerazzurri. Dei suoi anni da ragazzino raccontano di un grande talento ma anche di un carattere non proprio irreprensibile, mentre il giovane Nicolò non ha mai negato di esserci rimasto (molto) male per come è stato trattato dalla Fiorentina. Tanto da esultare in maniera polemica al Bozzi durante una sfida di Primavera ai tempi dell’Inter, con i suoi genitori che hanno spesso ripetuto che quel periodo, dopo essere stato ‘tagliato’ dalla Fiorentina, è stato “il momento più difficile” degli ultimi anni.

TALENTO E ‘TESTA CALDA’. Vecchi rancori per un ragazzo che, a 21 anni, è da poco rientrato dall’operazione al crociato ed è uno dei principali talenti azzurri della sua generazione. Basta guardare l’ultimo gol segnato contro la Spal, arrivato a placare le polemiche sorte dopo gli ultimi screzi con mister Fonseca e non solo. Già, l’ennesimo ‘fuori campo’ di un talento eccezionale che più volte ha fatto parlare di sé in chiave comportamentale. Come quando fu ripreso da Di Biagio in pieno Europeo Under 21per non aver più volte rispettato le regole”.

LA CAUSA VIOLA E LA NAZIONALE. Altro giovane, altro rimpianto. Che porta a Gianluca Mancini, difensore classe ’96 punto fermo della Roma e nel giro della Nazionale. Il centrale fu soggetto di una battaglia legale tra Fiorentina, Atalanta e Perugia per il suo passaggio dall’Umbria a Bergamo. Fu ceduto a zero dai viola al Perugia (dopo che Montella prima e Sousa poi non l’avevano giudicato all’altezza), con percentuale del 50% sulla futura rivendita. A gennaio 2017 fu acquistato dall’Atalanta per circa 200 mila euro, cifra evidentemente ribassata secondo i Della Valle che fecero causa ai due club: da allora i rapporti tra viola e bergamaschi non si sono più ricuciti. Mancini, nel frattempo, è diventato un difensore (col prezioso vizio del gol) importante prima per la stessa Dea e poi per la Roma, che lo ha acquistato l’estate scorsa per 15 milioni più 8 di bonus: quest’anno, per lui, 38 presenze con i giallorossi. Con 3 vittorie, 3 pareggi e 1 sconfitta contro la Fiorentina in carriera. La squadra che “dopo 10 anni di settore giovanile non mi ha mai fatto esordire”.

‘PICCOLO-NAINGGOLAN’. A centrocampo, invece, l’ex è più ‘fresco’. Quel Jordan Veretout ormai separato in casa già negli ultimi mesi della scorsa stagione che, dopo il feeling con Milan e Napoli, ha poi scelto Roma dopo Firenze. La scorsa estate il lungo tira e molla, i musi lunghi nel ritiro di Moena con tanti allenamenti in solitaria. E una voglia chiara di lasciare i viola, dove in due stagioni aveva giocato 75 partite mettendo a segno ben 15 gol (più 4 assist), tanto da guadagnarsi l’appellativo di ‘piccolo-Nainggolan’. Un’ottima prima annata, quella del dramma Astori e dell’Europa sfiorata (con l’espulsione di Jordan alla penultima giornata con il Cagliari). Una seconda stagione più complicata, in un ruolo da regista un po’ forzato (‘costruito’ da Pioli che fece di necessità virtù, visto che la società non gli prese un sostituto di Badelj) e con la testa già staccata prima di fine campionato. L’avvio a Roma non è stato semplice, per colpa di un problema alla caviglia, ma poi è diventato imprescindibile per Fonseca, che lo ha schierato in campo praticamente sempre (41 presenze e 5 gol). Domenica si ritroverà di fronte Pulgar, il suo ‘successore’ che non ha proprio esaltato al primo anno di viola.

‘EMOTIVAMENTE INQUIETO’. Infine, davanti, riecco quel Nikola Kalinic che, a proposito di ‘addii burrascosi’, ha lasciato il segno a Firenze. Era l’estate, 2017, della ‘grande rivoluzione’ di Corvino, nella quale Bernardeschi fornì un certificato per “gastroenterite acuta” per non presentarsi in ritiro (e andare alla Juve). Nikola, invece, come giustificazione per non presentarsi agli allenamenti disse di essere “emotivamente inquieto”, dopo un furto in casa arrivato qualche settimana prima e aver lasciato due volte il ritiro di Moena. Tanta, per il croato, la voglia di andare al Milan, dopo che alla Fiorentina (che lo aveva portato in Italia dal Dnipro) era diventato un attaccante di primo livello con 33 gol (e 10 tra assist e rigori procurati) in 84 partite. Indimenticabile quella tripletta all’Inter, così come l’accoppiata con Ilicic che funzionava a meraviglia nella Fiorentina di Sousa che raggiunse il primo posto. Meno indimenticabile, invece, il modo in cui lasciò i viola, così come il suo rendimento nelle stagioni successive: solo 6 gol in 41 gare con il Milan, 4 centri in 24 gare con l’Atletico Madrid, così come 4 le reti in 18 gare nell’esperienza in prestito a Roma. L’ultima proprio pochi giorni fa, nel 6-1 alla Spal.

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