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Una guerra piccola piccola, continua il grande gelo tra tifosi e Della Valle

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Come riporta Benedetto Ferrara su La Repubblica Firenze, una piccola storia triste. E anche un po’ ridicola, se non fosse che racconta la situazione in cui si trova la Fiorentina, squadra di mezza classifica che sta affrontando un paio di problemi: il primo sarebbe quello di dare un senso alla sua stagione di transizione verso non si sa bene cosa, il secondo quello di riportare i suoi tifosi allo stadio.
La piccola storia triste riguarda uno striscione del viola club Vieusseux, gruppo storico di curva Ferrovia guidato a lungo dal compianto Valter Tanturli, tifoso di grande cuore e sempre lucido nel riuscire a tenere il suo club entro i confini della passione, della ragione e della civiltà. Uno striscione del Vieusseux è stato censurato dal Gos (gruppo operativo sicurezza), che ha ritenuto la scritta eccessivamente ironica e quindi non degna di entrare in curva per la partita di oggi contro il Verona. Sullo striscione c’era scritto:«Allora seguitate!
Ma quand’è che ci liberate?». Il tutto evidentemente riferito alla famiglia Della Valle. Lo si può condividere oppure no, questo èevidente. Ma è il censurarlo e ritenerelo eccessivamente ironico che non solo fa ridere, ma anche capire di come siamo messi male da tutti i punti di vista. E qui mica si tratta di dividersi come bambini bizzosi tra fedelissimi e nemici della famiglia padrona. Anche questa è una faccenda che non ha molto senso e, soprattutto, ci ricorda che, drammaticamente, stiamo parlando più o meno del nulla.
Anche perché la vera contestazione non è tanto quella contenuta in un coro o in uno striscione, ma semmai il fatto che l’apatia sta prendendo il sopravvento. Il resto sono reazioni impermalosite, isterismi pro e contro, dichiarazioni improbabili, quelle che parlano di arcobaleni viola che brillano in cielo e di un futuro in Champions League.
Pura propaganda. In mezzo a tutto questo qualche striscione di dubbio gusto (altro che quello del Vieusseux) e cori che hanno spinto a passi indietro e passi di lato, che però avevano anche altri motivi, ben più seri, quelli che raccontano di una restaurazione societaria non benvoluta da tutti, soprattutto da quelli che sognano una Fiorentina appassionata e vincente, dove il vincente non sta nella follia di spese oltre le righe, ma nel saper costruire qualcosa di diverso dagli altri, di ambizioso nella sua voglia di sorprendere e divertire. Ma ormai tutto è stato ricoperto da un velo di noiosa normalità. Non un guizzo, un colpo di genio. C’è un buon allenatore aziendalista, una squadra normale e volonterosa, ma c’è, soprattutto, una società che si preoccupa di monitorare i social per scoprire dei post non graditi o far censurare degli striscioni che, alla fine, sono solo uno sfogo (in questo caso non offensivo) di chi ama troppo la Fiorentina e per questo insegue un miraggio, un cambio, una rivoluzione. Si chiama diritto di sperare in qualcosa di meglio. E chi gestisce una società di calcio dovrebbe riflettere su questo distacco, invece di far censurare uno striscione che di offensivo non ha niente. Una società dove il padrone ha preso ufficialmente le distanze è destinata a restare nell’anonimato. Infatti di Fiorentina non parla più nessuno, perché non esprime qualcosa di speciale, non ha un’immagine evocativa, se non attraverso i filmati di repertorio, quelli dove corrono i campioni passati di qui, che non sono pochi. Ma tutto questo non sembra allarmare i dirigenti, che forse dovrebbero preoccuparsi di chi si allontana e non di insistere nel vedere nemici dappertutto, non considerando, evidentemente, i loro “clienti” all’altezza del loro progetto.
Purtroppo l’arroganza è nemica dell’amore: a volte lo stordisce ma non lo uccide, però. D’altra parte c’è una frase di un dirigente che spiega tutto: «Se non conoscete Maxi Olivera è un problema vostro». Già. E anche suo, però, visto che ancora non riesce a rivenderlo
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