Un leone in gabbia, voleva chiudere con un trofeo: era la sua ossessione. Mai apprezzato da una parte di città che lo ha sempre criticato
Chi lo conosce sa quanto la serata di ieri sia destinata tormentarlo per sempre. Una ferita che non si rimarginerà mai, dopo giornate stracolme di tensione. La notte della vigilia Vincenzo Italiano non l’ha passata insonne, ma quasi. Ha giocato e immaginato la partita mille volte sperando, perché no, di trovare l’intuizione giusta. E pazienza se in realtà questa sfida l’aveva preparata in ogni minimo dettaglio. Pensava e ripensava, sognando (ad occhi aperti) che questa storia potesse vivere un ultimo, bellissimo capitolo. Così scrive il Corriere Fiorentino.
Durante il riscaldamento si è girato verso i tifosi viola e li ha invitati a farsi sentire ancor più di quanto già non stessero facendo. Voleva e aveva bisogno dell’aiuto di tutti. Teso, agitato, incapace di star fermo. Come sempre, più di sempre. Anche in panchina. Su e giù, avanti e indietro. Come se fosse in campo, costantemente fuori dall’area tecnica e per questo richiamato più volte dal quarto uomo. In testa, aveva un solo pensiero: vincere. E tornare a Firenze con quella coppa che martedì non aveva nemmeno voluto nominare.
OSSESSIONE. Una specie di ossessione che l’ha accompagnato per tutta questa stranissima stagione nata, appunto, sulla spinta di quella doppia e tremenda delusione di un anno fa. Sono state quelle sconfitte con Inter e West Ham, più di ogni altra cosa, a convincerlo che la sua avventura in viola non fosse ancora finita. È stata la voglia di spazzar via quel ricordo a farlo restare. Per questo non ha mai perso di vista l’obiettivo nemmeno quando invece, più o meno a fine gennaio, ha deciso che questa si, sarebbe stata l’ultima annata a Firenze. Una convinzione dalla quale non è mai tornato indietro, nemmeno quando Rocco Commisso in persona (almeno in un paio di occasioni) ha provato a fargli cambiare idea.
MAI AMATO. Tanti i motivi che lo spingono all’addio. L’ultimo mercato per esempio, nel quale nonostante avesse portato la squadra per la seconda volta in tre anni a fine girone d’andata a lottare per la Champions, non è stato aiutato dalla società. Aveva chiesto un attaccante esterno, e non è mai arrivato. Questo, ma non solo. Il mister infatti ha sofferto tremendamente quella diffidenza e quella critica (a volte feroce) di una parte della città. Non si è mai sentito amato e apprezzato fino in fondo se non dalla curva Fiesole, e non ha mai capito perché.
Di
Redazione LaViola.it