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Un ‘nemico’ dietro l’altro per lo stadio. Ma non c’è tempo per lo ‘scaricabarile’. Commisso va avanti laddove altri si erano fermati

Commisso

Rocco Commisso non è Diego Della Valle. I problemi sono gli stessi, la burocrazia. Ma Rocco le proverà tutte: vuole il nuovo stadio.

Una corsa ad ostacoli infinita, dove ogni angolo verso il quale ti giri ne spuntano di nuovi. Il tutto in un anno. Rocco Commisso e la Fiorentina, nel cammino che nelle idee è basilare per la crescita delle ambizioni della società viola, sono entrati in un labirinto dove l’uscita è una sola: il nuovo stadio.

IN PRINCIPIO FU IL FRANCHI. L’idea di Commisso era chiara: rifare il Franchi. A suo modo, ma rispettando il carattere storico dell’impianto. Fino ad un certo punto tuttavia. I mille vincoli sull’impianto di Campo Di Marte sono stati subito il primo ostacolo, e il progetto presentato alla Soprintendenza è stato bocciato. Troppo ampia la fetta di stadio da buttare giù nelle idee di Commisso. Da qui la Mercafir, sulla quale Nardella e il Comune hanno lavorato da quando c’era ancora Renzi Sindaco tra varianti e progetti. Senza tornare all’era Della Valle con tutti gli iter e le vicende già ampiamente note di Castello, Peretola e dello spostamento del mercato ortofrutticolo. Costi e ‘no total control’ non hanno convinto Commisso. Da qui il no al bando. Quindi Campi, con la storia tutta in divenire che si è aggiornata all’ultimo incontro tra il Sindaco Fossi e Joe Barone e con l’opzione sui terreni privati pagata dalla Fiorentina.

‘NEMICO’. Una serie di ostacoli monstre, che avrebbe scoraggiato chiunque. Non Rocco Commisso. Che va avanti laddove i suoi predecessori si sono fermati. Il ‘nemico’ non è tuttavia né il Sindaco di Firenze Dario Nardella, né il Soprintendente Pessina, ma la burocrazia. Sia nelle idee del primo cittadino fiorentino, che in quelle di Commisso, che l’ha messa nel mirino fin dal primo giorno del suo approdo in Italia. Leggi, enti, procedure, che per chi ha fatto successo dal nulla in America sono inconcepibili. Firenze, e l’Italia, non sono gli Stati Uniti. Lo si sapeva. Forse Commisso un po’ meno. Perché Pessina fa il suo lavoro, come pure Dario Nardella, nel rispetto delle leggi che hanno ad esempio costretto il Sindaco di Firenze a far fare una valutazione da un ente esterno dei terreni della Mercafir, e che lo hanno costretto a fare il bando che ha portato via tempo e risorse. Inutili, perché Commisso avrebbe gareggiato contro sé stesso. Ma questo è l’iter.

PUBBLICO E PRIVATO. Campi non è la Mercafir. I terreni sono privati, e la procedura è sicuramente più snella. Ma poi c’è la burocrazia. Le infrastrutture andrebbero fatte ex novo per l’area. Progettarle non è un problema, realizzarle dopo aver ottenuto tutti gli ok potrebbe esserlo. Sulla Mercafir ormai si sa pressoché tutto. L’unica anomalia resta il capire perché il cosa fare del Franchi sia diventato un problema solo adesso dopo anni di lavori sulla stessa Mercafir. Il decreto semplificazioni potrebbe riaprire scenari sul Franchi. Che è bene ribadirlo era la prima idea di Commisso. Questo perché l’area di Campo di Marte è già a livello urbanistico (piaccia o meno la viabilità certamente complessa per chi deve raggiungere lo stadio) predisposta. Non si dovrebbe partire da zero, come a Campi. Ma ci sarebbero comunque dei vincoli da spazzar via legati alla tutela degli stessi beni, che è difficile immaginare possano essere annientati senza obiezioni. Nel dubbio, e nell’attesa, la Fiorentina non resta con le mani in mano. E procede. Su Campi, appunto.

ROCCO NON E’ DIEGO.Sono anni che veniamo coinvolti in beghe locali dove tutti si azzuffano sui terreni destinati allo stadio, siamo sempre stati rassicurati che le cose procedevano e fino ad oggi ancora non si è arrivati a conclusione; noi abbiamo aspettato i tempi dettati da altri. Io credo che se viene considerato un così grande affare lo stadio dovrebbe farlo il Comune, noi saremmo più contenti”, disse Diego Della Valle nell’ultima dichiarazione pubblica prima di passare la mano a Commisso, in quella lettera al veleno affidata a La Nazione. Quei tempi dettati da altri, al nuovo Presidente della Fiorentina, non sono bastati e non bastano. Anzi, quasi non interessano. “Attesa per il decreto semplificazioni? Noi non aspettiamo. Stiamo già lavorando. E lo facciamo tutti i giorni” ha detto ieri Barone. Laddove gli ostacoli sembrano essere diventati insormontabili, Commisso agisce in maniera semplice: prova ad aggirare il problema, e risolverlo, senza restarne in balia. Al patron viola lo scaricabarile non interessa.

VIVACCHIARE? NO. Di chi siano colpe e responsabilità neanche. Vuole il nuovo stadio, con forza, non per suoi interessi ma per la crescita della Fiorentina. Così come Diego e Andrea Della Valle ebbero a dire anni fa, “senza stadio la società sarebbe costretta a vivacchiare. E a noi non interessa vivacchiare”. Ma a quelle parole, poi, non sono corrisposti i fatti. O meglio ne sono corrisposti solo alcuni, viste le condizioni in cui era versata la stessa Fiorentina prima del passaggio di consegne. Commisso vuole vincere. E sa che per aumentare i fatturati serve lo stadio con annessi e connessi. E se la politica e la burocrazia non lo avessero capito, il rischio che quel monumento che la soprintendenza vuole tutelare a tutti i costi in nome di leggi vigenti diventi esattamente ciò che la legge vorrebbe evitare, ovvero un rudere, vuoto, e privato della sua essenza, ovvero la Fiorentina, c’è. E mai come oggi è concreto. Così come il rischio che i costi di manutenzione e gestione ricadano sulla comunità fiorentina non avendo più alcun senso. Essere ciechi, dinanzi a questi scenari, sarebbe delittuoso. Così come il rischio, mettendo i bastoni tra le ruote con altra burocrazia su altri territori (Campi in primis) di scoraggiare e far andare via un imprenditore che ha voglia di investire milioni e milioni su Firenze ed il suo hinterland.

DIALOGO. O le cose cambiano, attraverso il dialogo sia chiaro, e non con ricatti, oppure Firenze sarà destinata a vivacchiare ancora per anni. Cosa che è accaduta, esattamente per gli stessi motivi, con l’ultima parte della gestione Della Valle quando i fratelli Tod’s hanno capito che non c’erano margini per crescere. La differenza sta tutta qui: Commisso sta andando comunque avanti e le proverà tutte. Vivacchiare non gli interessa. Come ai DV. Ma tra il dirlo, e il farlo, c’è una sottile differenza. Quella che potrebbe portare davvero la Fiorentina ad avere un nuovo impianto fuori dalle mura cittadine. Stavolta sul serio. E sulla carta in breve tempo. (sicuramente in tempistiche inferiori ai 20 anni dai quali si parla di nuovo stadio con i DV, senza tornare all’era Cecchi Gori e Pontello). Con ricadute a pioggia, oggi quanto mai ad un passo, su chi di questo scenario rischia di esserne giudicato, più avanti, ‘colpevole’ di aver favorito, o non impedito a seconda dei punti di vista, un percorso che sembra sempre meno chimera.

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