Editoriali
Un mese alla Partita. 30 giorni in cui la Fiorentina dovrà fare meno autogol possibili. Dalla squadra a Pioli passando per società ed ambiente
Manca un mese alla partita di Bergamo contro l’Atalanta che potrebbe riscrivere la storia di una società intera
La marcia di avvicinamento alla gara della stagione è già iniziata ormai da qualche giorno. Un mese divide la Fiorentina dalla partita contro l’Atalanta che potrebbe riscrivere la storia. Di un gruppo di calciatori che di finali ne ha giocate poche, una rosa che di trofei ne ha alzati al cielo altrettanti. Di un allenatore che da quando ha iniziato la carriera da tecnico non è ancora riuscito a sollevare al cielo una coppa. E di una società che in quasi un ventennio di gestione, nonostante le premesse, ha ancora la bacheca vuota.
Un mese in cui può succedere tutto e niente. E forse l’augurio migliore è che non accada proprio niente in questo lasso di tempo che porterà la squadra di Stefano Pioli a giocarsi l’accesso alla finale di Coppa Italia contro chi fino a ieri arrivava costantemente dietro, e che gioca un calcio bello e pratico, con un ritmo elevatissimo, in casa loro, e con dei singoli in stato di grazia. Ma che resta pur sempre l’Atalanta. Impresa? Piano con le parole. Sarebbe meglio non accadesse nulla. Perché gli autogol comunicativi sono stati fin troppo gravi in questi ultimi giorni. Da Pioli a Cognigni, con stoccate, risposte, controrisposte, che non hanno fatto altro che aumentare tensioni e polemiche in un ambiente da tempo in bilico tra contestazione e supporto.
Fare meno danni possibili, insomma. Ciò che dovrà fare la squadra, perché a Cagliari l’atteggiamento della rosa viola e la prestazione collettiva più che dei singoli è stata inaccettabile e irrispettosa. E per quanto la corsa all’Europa si sia fatta ormai pressoché impossibile è il minimo giocare quantomeno con e per l’orgoglio di una maglia che dovrebbe essere una ragione di vita. A cominciare dalla gara col Toro di domenica prossima. E’ ciò che dovrà fare Pioli, magari evitando alzate di testa o polemiche, quantomeno pubbliche. Così come la società. Dai Della Valle a Cognigni passando per Corvino. Tramite parole, presenze, assenze, e comunicati.
La tregua regge. Per ora. Firenze non è abituata alla mediocrità. E non può accettarla. Quantomeno in pianta stabile perché di annate difficili ce ne sono state anche prima del 2002. Basta parlare solo di plusvalenze, conti, sacrifici e bilanci. Ora serve fare quadrato attorno ad un gruppo che con i suoi limiti ha dinanzi la possibilità di lasciare il segno negli annali, nei cuori, e nella storia. Poi si faranno i conti. E non quelli economici. Quelli interessano fino ad un certo punto. Vivacchiare, d’altronde, come non piaceva ai Della Valle non piace a nessuno che abbia a cuore le sorti della Fiorentina.