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Tutto cambia, poco è cambiato: tornano le facce di 15 anni fa

diego della valle atalanta

Cecchi Gori che accusa i Della Valle («la Fiorentina l’hanno avuta gratis») e promette soldi da donare alla Fiorentina anche se, come quelli della fantomatica banca colombiana, probabilmente non arriveranno mai. Alessio Sundas che, tra un casting a modelle scovate in provincia e qualche guaio giudiziario, lancia appelli e si propone di mettere insieme una cordata per acquistare la società viola. Striscioni ovunque che invitano la proprietà a passare la mano, mentre gli altri club guardano con cupidigia alla rosa di giocatori, aspettando che la situazione si faccia ancora più insostenibile e che la svendita abbia inizio.

Gli imprenditori fiorentini che, interpellati da giornali e radio in qualità di potenziali messia, si dicono tifosi, assicurano che «se fosse per il cuore…», ma poi declinano gentilmente anche solo la prospettiva di sedersi sulla poltrona più bollente del Franchi. E poi naturalmente l’immarcescibile Eugenio Giani che nel frattempo è diventato presidente del Consiglio Regionale e che si propone come naturale mediatore fra il club e tifosi. Manca insomma solo il giudice Puliga e il sindaco revisore Bandettini (che per la verità sono stati condannati con sentenza definitiva nell’inchiesta di Genova sui fallimenti pilotati) e il déjà vu può essere completo.

Perché l’improvviso annuncio dei Della Valle deve aver avuto l’effetto di un teletrasporto, catapultando la Firenze calcistica direttamente all’estate del 2002, quella del fallimento e della ricostituzione (a furor di popolo allora) sotto il nome di Florentia Viola. Diego Della Valle ha scoperchiato il pentolone. E ciò che emerge è una Firenze che pare cristallizzata a quindici anni fa

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