Rassegna Stampa
Ts – Aic, Calcagno: “Milan-Como a Perth? Non è la via giusta. Sgravi a chi fa giocare i giovani del vivaio”
Le parole di il presidente dell’Associazione Italiana Calciatori Umberto Calcagno sulla crisi del nostro calcio e sul Milan-Como in Australia
Parla così a Tuttosport il presidente dell’Associazione Italiana Calciatori Umberto Calcagno sulla decisione di far giocare Milan-Como a Perth e sulla crisi del calcio italiano: “Il problema non è certo la partita in sé, dato anche che resterà un evento eccezionale. Anche se viene giocata a 28.000 km di distanza, con fusi orari e cambi di temperatura duri da affrontare. Resta il dubbio se sia questo il modello da inseguire”. Si gioca troppo? “Il problema non è solo questo: i grandi calciatori hanno già accettato che si debba giocare di più e si debbano cercare nuovi ricavi. La preoccupazione è legata all’impatto sulle loro prestazioni: per fare un esempio, Bastoni l’anno scorso ha giocato più di 70 partite. Però molto probabilmente non ha giocato la settantesima allo stesso livello psico-fisico della cinquantesima. Credo si debbano rimettere le persone al centro del progetto, e parlo anche dei tifosi. Facendo giocare i calciatori così tanto, offriamo uno spettacolo meno bello: così perdiamo i due pilastri del nostro mondo”.
SOLDI. “Se hanno ingaggi importanti è perché sono forti e generano ricchezza. E anche stipendi alti non giustificano il superamento di certi limiti: noi siamo affiancati alla Lega Serie A in una causa intentata, come sindacato mondiale e come leghe europee, contro la Fifa. Non c’è mai stata la volontà da parte della Fifa di sedersi davvero a un tavolo e dare dignità alla voce dei calciatori. E queste non possono essere definite solo questioni sindacali: in questi termini non andremmo da nessuna parte. Il tema è cercare soluzioni che rimettano al centro le persone per offrire il miglior spettacolo possibile”
ITALIANI. Imporre l’impiego di calciatori italiani? “Sarebbero leggi illegittime. Però dobbiamo chiederci perché in Spagna riescano ad avere grandi club competitivi che valorizzano la filiera interna. È un percorso virtuoso, di cui beneficia anche la Nazionale: quella italiana attinge a un numero troppo limitato di calciatori selezionabili in massima serie”. Costa troppo formare un italiano? “È una risposta che deve darci anzitutto la Serie A. Ci deve far capire perché non è più conveniente, tecnicamente ed economicamente, investire in Italia”. Decreto crescita? “È stata una battaglia persa. Molto probabilmente la mancanza di confronto dell’epoca ci ha fatto concentrare su problemi che non erano così centrali. Oggi abbiamo proposto al Ministro Abodi uno sgravio fiscale per chi impiega giovani del proprio vivaio”. La riduzione della Serie A a 18 squadre può essere un’idea? “Non può essere un ragionamento estrapolato dal contesto internazionale. L’Italia non può farla senza che la facciano anche Spagna e Inghilterra”.