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Toldo: “Ho il cuore diviso a metà. Inter potente e in forma, ma la Fiorentina non scherza”

Il doppio ex di questa sera, che di trofei ne ha vinti molti, ha parlato della gara di questa sera all’Olimpico

«Meglio fare l’intervista ora perché nel pomeriggio devo andare a tagliare l’erba all’asilo di mia figlia». Mister Coppa Italia Francesco Toldo ha cambiato le priorità della propria vita ma continua ad amare il calcio, la Fiorentina e l’Inter. «Diciassette anni di me tra viola e nerazzurro, non chiedetemi per chi tifo perché ho il cuore diviso in due». Si legge su La Gazzetta dello Sport.

Un doppio ex che, tra gli altri trofei, ha vinto due Coppe Italia a Firenze e tre a Milano.
«Un trofeo a volte sottovalutato, ma che invece può dare lo slancio per altri successi. Ci è successo nel 2010 con Mourinho, ma anche la prima Coppa con Mancini, nel 2005, iniziò a segnare il cambiamento. La prima in nerazzurro e ancora nel pre-Calciopoli. Perché io divido chiaramente i due periodi».

Cosa hanno rappresentato per lei Fiorentina e Inter?
«Insieme alla Nazionale, una vita. Firenze è stato il lancio, Milano la lotta perché a quei livelli non devi solo vincere ma anche confermarti. La cosa più dura».

Partiamo dai due successi con la Viola.
«Bellissimi e diversi tra loro. Nel 1996 ero euforico, non sentivamo le responsabilità. Nella finale contro l’Atalanta ci trascinò Batistuta. Nel 2001 venivamo da una stagione tremenda, Terim se ne andò e a fine febbraio arrivò Mancini. Il clima era surreale perché era chiaro che il club di Cecchi Gori stava fallendo ed eravamo tutti determinati a chiudere con una vittoria. Superammo il Parma grazie a una rete del mio amico Vanoli».

In effetti poi quella Fiorentina in estate fu smembrata.
«Passai all’Inter e iniziò tutta un’altra storia, perché lì hai sempre l’obbligo di vincere. Dopo il 5 maggio e la semifinale di Champions del 2003, persa senza… perdere, anche lì arrivò Mancini e con la prima Coppa la musica è cambiata».

Nel 2005 avete battuto nella doppia finale la Roma, doppietta di Adriano all’Olimpico e gol di Mihajlovic nel ritorno.
«Due nomi che mi commuovono. Adriano era come un orsacchiotto, dovevi proteggerlo. Attaccante straripante, ma con le sue fragilità. Ero accanto a lui quando gli arrivò la notizia della morte del padre. Ha davvero faticato a riprendersi. Sinisa aveva visto la guerra, si è fatto da solo. Calcisticamente poi aveva avuto grandi maestri, tra cui Boskov. E quel sinistro… Grave perdita».

Come finisce all’Olimpico?
«L’Inter è potente e in forma, ma anche la Viola non scherza e in campionato ha messo in difficoltà i nerazzurri. In una finale però si resetta tutto. Conta solo come si entra in campo. È la testa che guida le gambe».

Le due squadre poi avranno un doppio esame di inglese in cui partono sfavorite con West Ham e Manchester City.
«Buttare giù tutto! Così direbbe Vieri. Lasciare sul campo tutto quello che hai dentro. Loro sono più forti? Bene, che lo dimostrino! L’Inter soprattutto non ha nulla da perdere. È una squadra pazza e la serata potrebbe essere propizia per qualche pazzia. Se i ragazzi di Inzaghi pareggeranno la carica che avevamo noi contro il Bayern a Madrid…».

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