Il presidente della Fiorentina ha giustamente individuato tante criticità nel sistema calcio e politico italiano, ma anche lui è chiamato a uno step in avanti
È un Rocco Commisso più deluso e amareggiato quello che si appresta a cominciare la seconda stagione da proprietario della Fiorentina. Non che i modi vulcanici e la simpatia si siano estinti, tutt’altro. Ma il vorticoso entusiasmo del Commisso I appare obiettivamente scemato dopo un anno di esperienza con il calcio italiano.
LE RAGIONI DI ROCCO. Il nodo infrastrutture ha minato le ambizioni di Rocco, abituato alle pratiche ben più sbrigative made in USA. Pur senza fare di tutta l’erba un fascio, anche il dialogo con la politica ha rivelato a Commisso che spesso alle parole non corrispondono i fatti, ovvero l’esatto contrario di quella che è la sua filosofia di vita. Infine, non ha aiutato il rapporto con istituzioni del calcio logore ed elitarie, sempre molto diffidenti nell’accettare new entry nella stanza dei bottoni.
Insomma, le lamentele del presidente della Fiorentina sono spesso più che fondate. Tuttavia, questi primi 14 mesi di presidenza e la sua lunghissima arringa di lunedì hanno evidenziato un fatto che lo stesso magnate americano aveva certificato. Commisso deve ancora imparare.
PARAGONI SBILENCHI. Lo si può notare quando Rocco elenca numerosi esempi di presidenti che al primo campionato hanno fatto peggio di lui. Un discorso che sta in piedi fino a un certo punto. Certe società (come Lazio e in parte Napoli) possono essere paragonate a bacino d’utenza e valore storico della Fiorentina. Alcune citazioni, come il Bologna di Saputo o addirittura il Sassuolo di Squinzi, non hanno niente a che vedere con il club gigliato. Questione di storia, ambizioni, numero di tifosi. Insomma, sono paragoni che servono solo ad avvalorare la propria tesi, ma che in concreto non possono essere messe sullo stesso piano della Fiorentina.
SOPPORTARE LE CRITICHE. Soprattutto, è la genesi del concetto in cui si trovano diverse criticità. Che bisogno c’è di rimarcare così insistentemente che si è fatto meglio di altri? Alla fine, giustamente, la società gigliata ha sempre affermato che quella appena conclusasi era una stagione di transizione e che la vera ripartenza sarebbe iniziata dalla prossima. Sembra quasi che Commisso faccia fatica a digerire le critiche intorno alla Fiorentina. Spesso esagerate? Legittimo pensarla così, anche se soprattutto nei primi 6 mesi di presidenza ha goduto (giustamente) del favore quasi unanime di stampa e tifoseria. Tuttavia, in un mondo schizofrenico come quello del calcio italiano bisogna imparare a sopportare le critiche. Entrare nel meccanismo fiorentino e in generale italiano significa anche sobbarcarsi il peso di mugugni di stampa e piazza a volte ingiustificati.
Bene dunque difendere la scelta di confermare Iachini, che pur lascia dubbi per la storia professionale dell’allenatore. Ma non è il caso di esagerare andando a paragonarsi con presidenti di squadre con storie totalmente differenti l’una dall’altra, o addirittura alla precedente gestione, per dimostrare quanti soldi si è immesso nella Fiorentina (verissimo, ma nessuno lo ha mai negato, anzi).
UOMINI DI CALCIO CERCASI. C’è bisogno ancora di imparare, insomma. Anche guardando all’aspetto puramente più sportivo. La verità è che oggi nella Fiorentina c’è un solo uomo con grande esperienza da dirigente nel calcio italiano, ovvero Daniele Pradè. L’enorme capacità imprenditoriale di Commisso e l’abilità nel coprire più ruoli di Joe Barone potrebbero non essere sufficienti a colmare un gap di esperienza rispetto alle squadre che si vuole raggiungere. Peraltro, nonostante la fisiologica inesperienza, il presidente della Fiorentina in almeno un’occasione ha ‘scavalcato’ le scelte dell’unico uomo di calcio in società, appunto il direttore sportivo gigliato. Forse inserire in società altre figure di grande conoscenza del sistema calcistico italiano/europeo potrebbe far fare uno step in avanti. Starebbe alla Fiorentina, poi, individuare se sarebbe più funzionale un gruppo di scouting ben organizzato oppure una nuova figura dirigenziale.
La differenza con il miracolo sportivo dell’Atalanta, per citare un altro dei termini di paragone di Commisso, è l’abilità nel sapere fare calcio dei dirigenti nerazzurri. A partire dal settore giovanile, storicamente fiore all’occhiello della società bergamasca, fino ad arrivare a un organigramma della prima squadra ricco di conoscenza del calcio italiano, presidente in primis. Lo stesso Commisso lo ammette candidamente quando ricorda che “Percassi ha pure giocato in Serie A, quindi ne sa molto più di me”. Certo, l’Atalanta è appunto un miracolo sportivo, un’anomalia nelle costanti del calcio che conta, in cui chi ha più introiti arriva primo. Ma non è proprio questo il percorso che vorrebbe compiere anche la Fiorentina?
IL BREVE PERIODO. Aumentare i ricavi è importantissimo, anzi, è la cosa più importante guardando nel lungo periodo. Altrettanto vero è che i grandi cicli non si costruiscono in una stagione, occorrono tempo e programmazione. Ma nel breve periodo, la Fiorentina deve dimostrare di saper fare bene calcio anche con i ricavi attuali, avvicinandosi alle squadre che oggi occupano le posizioni europee. Ecco perché c’è tanta attesa sulla campagna acquisti. Anche senza spese folli si può far bene: questo dev’essere un concetto fondamentale. Occorre però dimostrarlo.
Attenzione però: l’amarezza e (in parte) il ridimensionamento di ambizioni di Commisso non vanno per forza visti come un fattore negativo. Rocco è venuto a conoscenza del mondo che circonda la Fiorentina. Un mondo tutt’altro che perfetto, pieno di problematiche che devono essere interpretate al meglio. Il mondo idilliaco degli inizi non poteva durare a lungo, perché la realtà in Italia è ben più sporca e irta di difficoltà. Commisso ha insomma iniziato a imparare, ma non deve certo fermarsi qui.

Di
Marco Zanini