Il presidente Figc spiega: «Non si processa un’idea. Più ricavi per uscire dalla crisi? Sì, ma attenti ai costi»
Non vuole sentir parlare di sanzioni per i tre club italiani del «golpe» della Superlega, Gabriele Gravina. È una parola che non ha senso per il presidente federale tornato da Montreaux, congresso Uefa, con un’elezione al limite dell’unanimità (53 voti su 55) nell’esecutivo che governa l’Europa del calcio. Lo scrive La Gazzetta dello Sport.
«C’è stata una sollevazione generale», dice raccontando le ore agitate che hanno preceduto la «deflagrazione» di sabato notte. Ora, però, Gravina rifiuta concetti come sanzioni, condanne, vendette. «Non si sanziona un’idea. Se poi un domani si concretizzasse una violazione delle regole, farebbero le loro valutazioni gli organi della giustizia sportiva». Diciamoci la verità, il presidente federale sa anche un’altra cosa. Se il blitz dei 12 club è stato un vero attentato al sistema calcio nel suo insieme, dietro la Superlega presentata con ricchi premi e cotillon e poi travolta dalle proteste di tutti, si nascondono problemi e numeri che costituiscono un vero e proprio «alert» (l’espressione è sua).
Insomma, allo scampato pericolo non si può reagire con una superficiale alzata di spalle. «Qualcosa non funziona e deve essere approfondito. È uno stimolo perché è una responsabilità dirigenziale, servono rimedi e proposte per evitare altre fughe in avanti».
O dentro o fuori
Ecco il punto: regole e capacità di rispondere ai problemi. Gravina sulla prima parola è categorico. «Forse c’è una mancata conoscenza di alcuni passaggi regolamentari. Il mondo dello sport è una piramide, al vertice c’è il Cio e poi per il calcio la Fifa, l’Uefa, quindi ci sono il Coni, le federazioni, le leghe, le società. E questa piramide ha un collante che si chiama regole: o si sta nel calcio con le sue regole o se ne sta fuori».
E conferma per il consiglio federale di lunedì, una sorta di rafforzamento delle norme per la concessione delle licenze, già vincolate da statuto Figc al «rispetto» delle direttive di Uefa e Fifa. Gli dà manforte Giovanni Malagò: «O uno fa una cosa privata – spiega il presidente del Coni – e in quel caso è un discorso a parte e le regole le stabilisci tu. Oppure sei all’interno di un sistema e le regole le fanno gli organismi internazionali su tutto: calendari, giustizia sportiva, antidoping, arbitri».
Di
Redazione LaViola.it