Nicolas argentino come Daniel: tecnica e classe pura. Dusan ha la potenza e il coraggio di Ciccio
An no 1981-82, quello del secondo posto. Numero 7 della Fiorentina era Daniel Bertoni, il “puntero”, argentino di Bahia Blanca, provincia di Buenos Aires nella Pampa meridionale, numero 9 Francesco Graziani, ciociaro di Subiaco. Daniel segnò 9 gol, lo stesso numero di Ciccio. Allora il campionato era a 16 squadre e le regole di quei tempi non proteggevano gli attaccanti come oggi. Insieme persero lo scudetto a Cagliari, quando l’arbitro Mattei di Macerata annullò un gol buono a Graziani. Con quella rete, la Fiorentina avrebbe battuto il Cagliari e sarebbe arrivata allo spareggio per lo scudetto con la Juventus. Scrive Polverosi sul Corriere dello Sport-Stadio.
Sono passati 40 anni esatti. Ma al cronista che già allora seguiva le gesta della Fiorentina è tornata alla mente quella fantastica coppia quando sabato sera Nicolas Gonzalez, argentino di Belen de Escobar, provincia di Buenos Aires, che indossa il numero 22 e fa l’ala/seconda punta, e Dusan Vlahovic, serbo di Belgrado, proprio col 9 sulla schiena, hanno segnato i gol con cui la Fiorentina ha battuto il Torino.
Certo, la suggestione è forte, due attaccanti tecnici e dello stesso Paese e due centravanti potenti e della stessa forza fisica
E rischia di falsare il quadro generale, ma qualcosa che unisce le due coppie riusciamo a trovarlo. Gonzalez ha la stessa rapidità di Bertoni, non è un cannoniere spietato (nemmeno Daniel lo era), ma a fine stagione i suoi gol sono sempre arrivati. Ha uno spunto micidiale nel breve, una tecnica eccellente, quella di Bertoni era sopraffina. Il “puntero” conquistò subito il cuore di Firenze, dei fiorentini/e. Amò e si fece amare, in curva e altrove. Aveva una carica di simpatia che conserva ancora.
E’ stato un grande, grandissimo giocatore. Anche Gonzalez ha fatto subito centro nei sentimenti dei tifosi, sabato sera il coro “Nico, Nico” si è alzato in fretta dalla Fiesole rincarato da tutto lo stadio. Bertoni rimase a Firenze dall’‘80 all’‘84, quattro stagioni, 123 partite, 31 gol, lasciò la maglia viola fra le lacrime (lacrime vere, non come quelle di un altro argentino famoso nei giorni nostri), per far posto a Socrates, in un’operazione che si rivelò un terribile fallimento. In più del suo connazionale Gonzalez ha la corsa, tanta corsa. Nel gioco di Italiano le ali devono fare tutta la fascia e Nico non si sottrae a questo duro lavoro.
E se parliamo di lavoro, di generosità, di fatica, di carattere, di determinazione, di sportellate e di gol ci può stare il paragone fra Graziani e Vlahovic
La rete segnata al Torino, un colpo di testa in torsione, era uno dei punti di forza di Ciccio, un lottatore da area di rigore e dintorni. Prendeva botte, andava giù, si rialzava e le restituiva, proprio come fa Dusan.
In quarant’anni è cambiato il mondo, il calcio di più, ha fatto dieci passi avanti (o indietro, dipende dai punti di vista), ma certe qualità legano le due coppie nonostante quasi mezzo secolo di distanza l’una dall’altra. La speranza, per i fiorentini, è che Gonzalez-Vlahovic faccia rivivere i momenti di Bertoni-Graziani.
Di
Redazione LaViola.it