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Spagnoli in serie A, Madrid ‘vuelve a triunfar’: Borja per riscrivere la storia

Alzare un trofeo sotto il cielo stellato di quella Firenze che lo ha fatto innamorare resta il suo sogno numero uno. Un traguardo che Borja Valero Iglesias vorrebbe trasformare in obiettivo concreto nel breve periodo. Nel frattempo, il centrocampista ex Villarreal si gode la ‘palma’ di primo iberico ad aver fatto bene in Italia dopo anni di meteore provenienti dalla Liga. In riva d’Arno è rinato dopo le ultime stagioni in Spagna, compiendo il percorso inverso di molti suoi predecessori. Capace di conquistare in 59 presenze (costellate da 5 gol e 20 assist) una piazza difficile come quella fiorentina e gli onori delle cronache. Lady Madrid, terra di grande tradizione calcistica e città d’origine del campione tutto umiltà e sacrificio, vincente nel dna, approdato in viola nell’agosto 2012 con un carico di esperienza internazionale alle spalle ma anche un’etichetta rognosa da scrollarsi in fretta: spagnoli-serie A = fallimento.

Già, perché il rendimento dei ‘profeti in patria’, provenienti dal calcio che vince tutto, in Italia raramente si è rivelato all’altezza delle aspettative. Le pagine degli almanacchi da sfogliare a ritroso sono numerose… Era il 1961 quando sul suolo italiano sbarcava Luis Suárez, unico Pallone d’Oro spagnolo della storia, top nel Barça e pilastro dell’Inter dei record con due coppe dei campioni e tre scudetti conquistati. Un anno dopo Luis del Sol (Juventus) e Joaquin Peirò (Torino): campioni degni di nota di un calcio meno esasperato e più genuino. Da fine anni ’80, alla riapertura delle frontiere, una clamorosa ed inaspettata inversione di tendenza. Che non manca di coinvolgere neppure la Fiorentina. I ‘flop’ rispondono al nome di Guillermo Amor (1998) e Javier Portillo (2004): prodotto del vivaio del Barcellona, parte del Dream Team allenato da Johan Cruyff, 17 trofei ufficiali con la maglia blaugrana e soltanto 24 presenze in due anni, nonostante la stima del Trap, il primo; più di 700 gol all’attivo nelle giovanili del Real Madrid e l’arrivo a Firenze in prestito con la fama di bomber infallibile il secondo. Poi una carriera al contrario: poche apparizioni (11) e pure anonime (1 rete in campionato, tre in Coppa Italia) sia sotto la guida di Mondonico che di Buso per un’avventura giunta al capolinea già sei mesi dopo.

Se meglio era andata alla Samp di Vialli e Mancini con la promessa di fine anni ’80 Victor Muñoz, per molti la Serie A è stato un vero e proprio tabù. 250 presenze con la maglia del grande Real Madrid, Ricardo Gallego traghettò l’Udinese fino alla serie B mentre Rafa Martin Vazquez (Torino) si preparava ad esser rispedito al mittente dopo due sole stagioni. E tra i fallimenti pagati a peso d’oro i costosissimi Farinos (Inter), De la Peña e Mendieta (quindici partite e zero gol dopo aver vinto il premio di Miglior giocatore della Champions League 2000/2001 come leader del Valencia) per il quale Cragnotti (Lazio) sborsò ben 89 miliardi. E ancora, dalla speranza Tristan (autore di un solo gol in 21 presenze con il Livorno) a mister 40 miliardi: Josè Mari (’99-’02), approdato alla corte del Milan assieme a Javi Moreno (’01-’02). 16 presenze e due gol il primo, 52 e 5 reti il secondo. Con lo stesso Guardiola bocciato da Capello (Roma) e i vari Delgado e Oscar Lopez (Lazio) a confermare l’inclinazione negativa. Il resto è storia recente, di sole comparse: Didac, Ruiz, Marques, Garrido, Chico, Toni Calvo, Obiang, Jaime e Alex Rodriguez… passati dall’Italia senza praticamente lasciar traccia. E ancora più esilarante fu il caso Cesar Gomez: acquistato addirittura per errore nel 1997 dalla Roma, tre partite in quattro anni ma la facoltà di guadagnare un miliardo e mezzo a stagione.

Borja a Firenze, invece, ci è arrivato per soli 7 milioni dal Submarino Amarillo fresco di retrocessione, non (come qualcuno aveva temuto) per andare ad aggiungere il proprio nome alla lunga lista dei talenti dispersi nella tratta Spagna-Italia ma per tornare a far brillare gli occhi in quello che da sempre è stato definito il Paese del catenaccio. Applausi a scena aperta e il coraggio di cambiar rotta. La sua prima sfida, la Fiorentina, l’ha già vinta.

Autore: Cristina Botteri (@christyfi) – Redazione LaViola.it
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