Tutto iniziò con una frase offensiva scritta da un tifoso sul muro del bar Marisa. Ricordava a Paulo Sousa il suo passato juventino, ancor prima di essere ufficializzato e senza mezzi termini. Dopo due anni, sono i cori a riecheggiare il tal senso. Ancor più difficili da rimuovere. Si chiude così un cerchio in cui è accaduto di tutto. Un arco d’amore che ha trovato il proprio apice nel primo posto conquistato nel settembre 2015 e perso ad inizio 2016 quando Firenze aveva scoperto un allenatore con cui poter sognare. Il punto più basso? Forse sarà proprio oggi.
Quel primato in classifica ha scatenato conseguenze inaspettate. L’allenatore insoddisfatto del mercato invernale cominciava a lanciare messaggi alla proprietà attraverso interventi che la società non gradiva, ma i risultati fino a quel momento davano ragione a Sousa. A fine novembre del 2015 nel pieno dell’idillio Sousa, la Fiorentina giocava in Europa a Basilea, sua ex squadra, e i giornalisti svizzeri si stupivano di tanta armonia avvisando invece i colleghi italiani su come avesse lasciato la Svizzera, senza buoni rapporti e senza essere rimpianto. A Firenze è poi successo qualcosa di molto simile.
E ci sono due episodi che hanno fatto riflettere anche nello spogliatoio: la fascia da capitano tolta a Pasqual e consegnata a Gonzalo che ha rafforzato il gruppo degli ispanici che, non a caso, insieme a Sousa, era tutto presente alla conferenza d’addio dell’argentino venerdì scorso. E poi nell’aprile del 2016 a Empoli con Astori che dopo la sconfitta prese la parola per richiamare la squadra alle proprie responsabilità. Un discorso non gradito che secondo alcuni avrebbe portato Sousa ad escludere il difensore nella gara contro l’Udinese.
Sousa è stato confermato per la stagione 2016-17 nonostante voci continue su possibili dimissioni e cene mai confermate con altre società. Ma l’avventura iniziava subito in salita sia per risultati che per le dichiarazioni. A fine ottobre prima della gara a Bologna una delle frasi che hanno lasciato il segno: «L’anno scorso coltivavo un sogno, poi mi sono scontrato con la realtà». Per poi dire appena un mese dopo: «Bernardeschi è destinato a club con obiettivi diversi dai nostri».
A Sousa va tuttavia riconosciuto il merito di aver creduto fin da subito a Federico Chiesa e quello di aver portato in Italia Kalinic, oltre che di essere riuscito a battere al Franchi alcune big, fra cui la Juventus. Avrebbe voluto essere ricordato dai tifosi per i risultati ottenuti ma forse il motivo della memoria non sarà questo. In due stagioni ha raggiunto un quinto posto e un ottavo. Molto male in Coppa Italia dove è stato escluso prima contro il Carpi e poi con il Napoli. In Europa entrambe le volte è uscito ai sedicesimi: prima contro il Tottenham e poi con il Borussia Moenchengladbach, buttando via un ampio vantaggio e facendo arrivare la contestazione ai massimi livelli.
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Redazione LaViola.it