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Sorry Joey, la festa diventa dei 2000 sognatori viola al Dall’Ara

Facce da derby. La prima è quella di Carlo Nervo. A dieci minuti dall’inizio della partita è lì sull’erba del Dall’Ara come ai vecchi tempi, ma con qualche anno di più (45 per essere precisi, fatti ieri: auguri). Piange come un vitello perché è bello quando tutti si ricordano del buono che hai fatto. Facce da derby. Quella contrita di Joey Saputo. Che magari vorrebbe lasciarsi andare, tirare un cazzottone al muro come un Donadoni qualunque. Ma non può. Perché l’aplomb e la cortesia sono una forma d’arte, mica una scelta. Il chairman andrà via questa mattina e tornerà a Bologna tra un mese per andare avanti con l’operazione restyling Dall’Ara e per fare un po’ di mercato. Facce da derby. Quella di Andrea Della Valle, che tanto spesso in trasferta non ci va. Ma ieri sì, e la sua è una faccia innervosita dal freddo, dalla tensione, dall’idea di poter non-vincere una partita messa sui binari giusti dopo una manciata di minuti. Facce da derby come quella di Mario Cognigni, presidente della Fiorentina accovacciato in tribuna pure lui, o quella divertita di Gianni Rivera.

IN CAMPO. Facce da derby. Quella di Verdi strizzata in una smorfia di dolore dopo dieci minuti di partita o quella di Da Costa passata in pochi istanti dalla sorpresa per un altro palo e una traversa a salvarlo una volta di più, fino alla tristezza per un rigore non parato di tanto così. Facce da derby come quella di Kalinic. L’attaccante viola l’ultimo rigore lo aveva sbagliato contro la Juventus. Quando va sul dischetto sembra un pulcino spaventato. Fa due passi, cerca un appiglio. Ma va anche peggio quando l’arbitro gli dice che è da ripetere. Poi però si distende, segna ed esulta. Facce da derby. Quella di Donadoni, mancato strillone all’angolo della vita del suo Bologna. Indica, si sbraccia, suona la carica. Ma sono più le volte che la faccia la copre per la rabbia. Al contrario di Paulo Sousa, che la faccia per la prestazione dei suoi ce la mette volentieri. Facce che non ci sono. Quella di Corvino, l’atteso ex dirigente che però chissà dov’è. O quelle di Maietta e Destro mentre, spalla a spalla, osservano lo scorrere inesorabile delle lancette. Facce da derby. Quella sfinita, sbuffante, pensante dell’ad rossoblù Fenucci, che a fine si fa inghiottire dal tunnel degli spogliatoi.

SUGLI SPALTI. Proprio da derby magari non è, ma la sua la faccia dice molto: è quella di Sandreani, che dalla tribuna scappa via quando mancano ancora trenta minuti. Era venuto per Verdi. Peccato. Facce da derby che formano un muro di sguardi ed espressioni. Sono quelle dei tifosi del Bologna. La curva srotola il bandierone, fanno festa per Joey Saputo, per il Bologna, perché «da 90 anni su questi gradoni dove hanno tifato intere generazioni» è qualcosa da non scordare mai. La coreografia l’avevano pensata da un po’. Ieri mattina l’avevano provata in 500. Dovevano farla con il Genoa ma poi, sai com’è, il derby è sempre il derby. Che ha mille volti, mille facce. Quelle verdi di speranza dei tifosi viola. A Cagliari c’erano andati in 500, a Liberec in 600, e ieri a Bologna sono venuti in quasi 2000 per sostenere la squadra anche se la classifica (ancora) non è di quelle che fanno sognare.

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