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Simeone, il problema del gol… e del ‘peso’ in attacco. Tridente spuntato e vecchie difficoltà, ma no ai catastrofismi

La Fiorentina chiude il ciclo di ferro con una sconfitta senza gol, con diversi rimpianti. Soprattutto davanti il tridente è poco incisivo.

Doveva essere il punto di forza della nuova Fiorentina, ma il tridente offensivo si sta trasformando in una serie di rimpianti per punti lasciati per strada e occasioni perse. Errori di gioventù, di mira, di precisione e qualità, ma anche un’alchimia che sta stentando ad arrivare tra i giocatori là davanti.

ZERO. Dall’Olimpico la Fiorentina è tornata con zero gol e zero punti in tasca. Un gioco non proprio fluido e preciso, nonostante un possesso palla del 58% e un finale in assedio costante. I viola hanno dato l’impressione di non fare scintille là davanti, eppure a tabellino sono andati 10 tiri, di cui 6 nello specchio: abbastanza non solo per pareggiare, ma anche per vincere contro una Lazio che, se colpita al momento giusto, poteva andare ko senza troppi problemi. Benassi ha fallito il colpo su ‘assist’ di Wallace, così come poi Pjaca, Simeone e Biraghi, per non parlare delle occasioni sui piedi di Edimilson e Sottil nel finale.

VECCHI PROBLEMI. “Di solito sono occasioni che in allenamento trasformiamo sempre in gol, ve lo garantisco”, ha commentato amaramente Pioli. Eppure all’Olimpico niente, là davanti i viola hanno fatto raramente la scelta giusta. Nell’ultimo passaggio e nella finalizzazione. Vecchi problemi che ritornano. Anche l’anno scorso in tante partite la Fiorentina creava (anche molto più rispetto a domenica) ma si mangiava le mani per i gol sbagliati. Fu, del resto, la 4° squadra per tiri totali e la 1° per tiri fuori dallo specchio, ma solo il 9° attacco totale della scorsa Serie A. Quest’anno i numeri dicono 14 gol fatti in 8 partite. Non male, ma se si tolgono i 6 gol nella scorpacciata iniziale contro il Chievo fanalino di coda restano 8 gol in 7 gare. Un po’ poco. L’anno scorso i viola avevano fatto 12 reti nelle prime 8 giornate, chiusero ad una media di 1,42 gol a partita. Bisogna migliorare.

POCO FEELING. Specie se in estate hai puntato la costruzione e la forza della nuova squadra sul tridente offensivo. Chiesa e Simeone sono a due gol (Fede ha anche causato l’autogol di Skriniar), Pjaca a uno: 5 reti su 14 a firma dell’attacco, un po’ poco all’interno dell’economia di squadra. E al di là dei numeri, le prestazioni raccontano che tra i tre davanti manca ancora un certo feeling. Tutti spesso solisti, si cercano poco e molte volte male. Sono giovani e serve tempo, vero. Ma nell’analizzare i difetti della Fiorentina attuale questo va sottolineato.

ATTACCO ‘SPUNTATO’. Così come un Simeone che arriva poco al tiro. Solo 13 tentativi in 8 gare, due gol e tante prestazioni sì generose, ma con poca incisività e poco ‘peso’ negli ultimi metri. Ultime quattro partite a secco, e dallo spogliatoio raccontano di un nervosismo evidente del Cholito per la rete che non arriva. Colpa non solo sua, però, visto che anche Pjaca – preso per essere uno che ‘determina’ e fa la differenza negli ultimi metri – sta fin qui deludendo. Il croato ha dovuto recuperare condizione e confidenza con il campo, ora però secondo Pioli a livello fisico è a posto: il problema, semmai, è mentale. Cercare la giocata giusta e vincente, il movimento che fa la differenza, scrollarsi di dosso un po’ di paura e riuscire ad essere trascinatore. Anche lui ha appena 23 anni, ma il campionato non aspetta e i punti scorrono.

LIMITE PER L’EUROPA. A salvarsi fin qui è praticamente solo Chiesa, che però a volte è un po’ anarchico tatticamente. Numeri e prestazioni sono però dalla sua, poco da dire. Così come ha ben figurato Mirallas quando impiegato, seppur limitato da due infortuni. “La Lazio aveva Immobile, la Fiorentina no”, è stato detto come sintesi della sconfitta di Roma. Già, conta buttarla dentro. E allora ci si accorge come il miglior marcatore viola sia ancora Benassi, 3 gol nelle prime 2 gare. Poi Chiesa, Simeone e… Milenkovic a 2. Le rivali per l’Europa, però, hanno tutte un bomber dal ‘peso specifico’ determinante. E spesso decisivo. Immobile per la Lazio, Higuain per il Milan, Defrel-Quagliarella per la Samp, per non parlare dell’Inter con Icardi, il Napoli con Insigne, Mertens, Milik e compagni, la Roma con Dzeko e gli altri e la Juve fuori categoria. Il Torino sta un po’ faticando senza i gol di Belotti, l’Atalanta idem con Zapata che non si sblocca. Mentre il Genoa sta andando oltre le aspettative con le reti di Piatek.

NIENTE CATASTROFISMI. Insomma, che per vincere e puntare ad alti livelli serva un attaccante (o un attacco) che segni, è un po’ la scoperta dell’acqua calda. Ma anche un limite di una squadra fresca, che corre, lotta, si difende abbastanza bene e a dirla tutta non ha praticamente mai demeritato fin qui, fatta eccezione per le ripresa di Napoli. Al di là di tutto, quindi, vietato passare dalle stelle alle stalle. Dal parlare di zona Champions a ritornare a ragionare di mediocrità. La squadra c’è, ha potenzialità innegabili e anche belle qualità. C’è da lavorarci, anche Pioli è più sotto i riflettori visto che ora ha materiale tecnico e umano a disposizione. Non fenomeni, ma potenziali ottimi giocatori sì. Le aspettative si alzano perché la Fiorentina è più forte di un anno fa, chiaro che dimostrarlo non è semplice. Ma non si può negare che comunque questa squadra ha giocato a testa alta ovunque. Vincendo quattro gare su quattro in casa, non demeritando contro squadre più forti in trasferta. Paga i difetti sottoporta, un gioco non sempre fluido e un’intesa soprattutto davanti che manca. Ma sarebbe un errore farla passare da ‘possibile rivelazione’ a ‘squadretta di metà classifica’. Ora la sosta, testa al lavoro sul campo. Poi il Cagliari in casa, senza però fare troppi catastrofismi per due settimane senza calcio giocato.

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