Come riporta Il Corriere Fiorentino, dice la filosofia Zen. «Non ti chiedere il perché delle cose. È solo uno spreco di energie. Lascia che sia, e agisci». E così, libro dopo libro, il Cholito ha imparato la lezione. «Non sono buddhista — ha chiarito in settimana — è solo che due, tre volte alla settimana dedico un po’ di tempo alla meditazione». Una pratica che aiuta a incanalare la forza nel modo giusto. Che sia rabbia, frustrazione, tristezza. Vibrazioni che, se gestite, possono darti qualcosa in più.
Giovanni Simeone lo sa e, nonostante le critiche, ha tirato dritto. Anche nei periodi bui. Nelle ultime tre partite, per esempio, era sostanzialmente sparito. Spal, Lazio, Sassuolo (match nel quale era partito dalla panchina), nessun gol, e un mare di difficoltà. L’ultimo lampo, e che lampo, all’Olimpico. Contro la Roma. «Il più bello della stagione», come ha ammesso lui stesso. Quella di ieri, invece, è stata per distacco la giornata più incredibile della sua carriera. «Ha segnato…El Cho-li-to!». E poi ancora. «Ha segnato…El Cho-li-to». E ancora. «Ha segnato…El Cho-li-to!». Tre volte, tutte in una volta, non gli era mai successo in carriera. Né in Italia, né in Argentina. Una tripletta da urlo, quello del Franchi che lui, dopo il terzo sigillo, ha voluto ascoltare fino in fondo. Mani alle orecchie, e via. Obiettivo raggiunto.
«Voglio superare i 12 gol segnati lo scorso anno», raccontò nel giorno della sua presentazione. Detto, e fatto. Con il tris al Napoli, ha fatto 13. E pazienza se gli toccherà pagar pegno. «Con lui ho scommesso che avrebbe superato le reti fatte un anno fa, ora gli toccherà pagare una grigliata di asado per tutti», raccontò Pioli. Perché lui, nel suo centravanti, non ha mai smesso di credere. E chissà cosa avrà pensato, guardandolo sul campo, ieri. Una prestazione, quella di Simeone, semplicemente perfetta. I tre gol, ma non solo. Ha causato l’espulsione di Koulibaly, ha corso, lottato, difeso il pallone, attaccato la profondità. Tutto il Cholito in 90’. Garra, e gol. I suoi gol da predatore dell’area di rigore. Non a caso, tutte le reti del suo campionato sono arrivate dall’interno dei sedici metri. Ora tra gol fatti (13) e assist (4), il 9 è entrato in 17 delle 50 reti segnate dalla Fiorentina campionato. In pratica, Giovanni, incide per oltre un terzo della produzione della squadra. «Sono felicissimo — ha detto a fine partita — per me e per la squadra. Crediamo nell’Europa». Poi, la dedica. «Per mio nonno, e per mio babbo».
Già, il Cholo. Che regalo, gli ha fatto. Giusto un paio di giorni fa infatti (il 28), l’allenatore dell’Atletico ha compiuto gli anni. Magari, quel pallone autografato da tutti i giocatori che ieri si è portato a casa, lo donerà a papà Diego. Di certo, uscendo dal Franchi, lo teneva stretto. La partita era finita da un pezzo, ma la Fiesole, era ancora piena. «Argentina, Argentina!», ha urlato quando Giovanni è uscito dal campo. Un coro che, un tempo, si alzava al cielo per Bati. «Mi ha detto che devo stare tranquillo», disse il Cholito dopo l’ultima visita fiorentina del Re Leone. Lui, l’ha ascoltato. Ha meditato, e ha scaricato sul campo tutta l’energia raccolta. E Firenze, ora, si gode un altro bomber. Un altro argentino. Un altro numero 9. E scusate se è poco.
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Redazione LaViola.it