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Sì, è davvero un inizio sprint: come Prandelli e meglio di Montella. I limiti del Var, ma la ‘gogna mediatica’ su Chiesa è inaccettabile

Zona Champions, voglia d’Europa… come ai vecchi tempi. Chiesa ‘sotto attacco’: va difeso e protetto.

Tredici punti in sette partite. Media di 1,85 punti a partita, che mantenuta per tutto il campionato vorrebbe dire 70 punti complessivi. Numeri, solo numeri. Così come la classifica che dice che la Fiorentina è 3°, in zona Champions, 3° miglior attacco (14 gol) e 2° miglior difesa (5 subiti, come la Juve), 2° miglior differenza reti (+9, dietro alla Juve). “Con la vittoria sull’Atalanta abbiamo certificato l’ottimo inizio di stagione. Ma è solo l’inizio. E’ presto e siamo giovani”, ha commentato Pioli. Già, perché al di là dei numeri c’è un gruppo che cresce, con tante potenzialità ancora inespresse. Con una grinta dentro che va oltre alla giornata in cui sei privo di idee e privo di fiato, come domenica.

MEDIA-PRANDELLI. Tredici punti nelle prime sette partite, l’anno scorso a questo punto i viola erano 12° con 7 punti. Un bel salto, così come cambiate sono le sensazioni e le prospettive intorno alla squadra. Una voglia di esserci, di seguire e sostenere la Fiorentina anche nei momenti difficili, il Franchi che torna a superare quota 30 mila. Dopo qualche anno di buio, ecco che la mente torna ai tempi migliori. E anche il campo dice le stesse cose: Pioli è in media con gli anni di Prandelli. Con il tecnico di Orzinuovi la Fiorentina ha sempre fatto tra 12 e 14 punti nelle prime 7 gare di campionato, mentre Pioli è addirittura sopra le partenze di Montella: con l’Aeroplanino rispettivamente 11, 12 e 9 punti nelle prime 7 gare di A. L’unico che stacca Pioli nell’era Della Valle è il primo Sousa, che fece 18 punti in 7 partite nel 2015/2016, quando i viola trovarono il primato dopo 16 anni.

OBIETTIVO EUROPA… E CHAMPIONS. Un paragone importante con Prandelli e Montella, che al di là dei numeri si ripercuote nel calore intorno alla squadra e negli obiettivi… europei. “Obiettivo Champions? Il progetto della società è quello di riportare la Fiorentina ad un livello tale da competere per i primissimi posti, come già fatto con Prandelli, Montella e Sousa”, ha commentato Pioli. C’è voglia di tornare a respirare aria europea, e soprattutto giocarsela sempre con le prime, come avveniva con continuità in passato. Perché l’anno scorso sì, la Fiorentina è poi arrivata ad un passo dal 7° posto, ma ha spesso navigato nella mediocrità di classifica. Ma ben altro conto è stare costantemente in zona Europa, occupare con continuità i primi posti. Come sta facendo in questo avvio la Viola.

CALENDARIO. Perché poi la Fiorentina non è certo stata aiutata dal calendario in questo inizio. Ha vinto le gare che doveva vincere in casa (Chievo, Udinese e Spal), cosa comunque mai banale; ha giocato due trasferte con due candidate alla Champions, come Napoli e Inter; ha ben figurato (e colto 4 punti, ma potevano essere 6) nei due scontri diretti con Sampdoria e Atalanta. E in tutto questo ha dovuto fronteggiare un maxi tour de force, con cinque partite in sedici giorni. Ora la Lazio. Un altro scontro diretto per l’Europa, ancora in trasferta. Dove i viola stanno crescendo, pur avendo raccolto solo un punto in tre partite. I biancocelesti partono da un’ossatura superiore, ma hanno qualche problema. E giovedì devono affrontare un’insidiosa trasferta a Francoforte contro Rebic e compagni. Sbloccarsi all’Olimpico, con i primi tre punti fuori, sancirebbe davvero una Fiorentina tra le grandi prima della sosta.

SCORIE E… ‘GOGNA MEDIATICA’. Una Viola che è uscita dal match contro l’Atalanta ‘con la lingua di fuori’. Tanti giocatori sulle gambe già a inizio-metà secondo tempo, poche idee, una stanchezza psico-fisica lampante. Eppure è arrivata una vittoria cruciale, di quelle che fanno la differenza a fine anno. Pioli, però, dovrà ricaricare bene le batterie da mercoledì (ha ‘premiato’ i suoi con due giorni di riposo). Ed eliminare tossine e scorie di un ciclo di ferro che ha fatto spendere molte energie. A livello di testa, dovrà invece ‘proteggere’ il suo gioiello principale, Federico Chiesa. Uno che in campo dà l’anima e anche più, corre, lotta e prende calci. Tanti. Imprendibile per molti e dall’atteggiamento anche ‘focoso’ nei confronti degli arbitri (anche se quest’anno si è un po’ ‘calmato’), ne danno un’idea anche i 17 cartellini gialli (che hanno portato anche a due espulsioni) ricevuti in poco più di due anni in Serie A. Ma la ‘gogna mediatica’ che si è creata nei confronti del 20enne viola è inaccettabile.

UN CHIESA DA DIFENDERE. Fede ha cercato l’impatto con Toloi, sì; ha fatto il ‘furbo’, sì; il rigore (forse) non c’era, d’accordo. Ma è un errore colossale prendersela con Chiesa. E soprattutto dipingerlo a gran voce come un simulatore. Prima erano stati Asamoah e Toldo, poi ci ha pensato Gasperini dopo l’episodio di domenica: “E’ simulazione netta. Chiesa ha l’abitudine di fare questi gesti e deve iniziare a pagare, è diseducativo”. Parole pesanti, pesantissime. Inaccettabili. Che vanno a braccetto con il trattamento riservato a Chiesa sulle grandi tv nazionali. Stanno attaccando un’etichetta pesantissima su un ragazzo di appena 20 anni, futuro della Fiorentina e di tutto il calcio italiano. E il rischio è che Chiesa possa pagarne le conseguenze, come ‘trattamento’ in campo e come reazione psicologica. A difendere Fede ci ha pensato Pioli (“vorrei che gli altri parlassero solo dei loro giocatori”), ma dovrebbe essere la società (dopo aver fatto, giustamente, la voce grossa sui casi arbitrali) a tutelare senza mezzi termini il ragazzo. Che, non dimentichiamolo, tale rimane.

IL RITORNO DEL ‘LUDDISMO’? Si sta puntando il dito su un giocatore, quando il nocciolo della questione è un altro. Il rapporto tra gli arbitri e la tecnologia. Qualcuno parla di ‘rivolta politica’ dei fischietti, forse esagerando, una sorta di ‘luddismo’ dei tempi nostrani. Nell’Ottocento gli operai sabotavano e distruggevano le macchine che stavano togliendo loro il lavoro, anche per protesta nei confronti delle nuove frontiere tecnologiche. Oggi gli arbitri starebbero puntando, in maniera simile, a riprendere la loro centralità. Al di là del ricorso storico anacronistico, resta un protocollo Var comunque mutato per questo campionato. Proprio per ridare ‘potere’ alla figura umana dell’arbitro. Si interviene solo “per chiaro ed evidente errore” dell’arbitro, secondo le nuove direttive. Ma la ‘discrezionalità’ dell’arbitro sta causando diversi problemi e conseguenti proteste.

VAR… O NON VAR? Insomma, un ‘depotenziamento’ rispetto all’anno scorso. Quando comunque la tecnologia aveva evitato tante situazioni dubbie e moltissime polemiche. Nelle prime 7 giornate di Serie A, invece, tantissimi gli episodi nel mirino. Il contatto Toloi-Chiesa (e il punto è proprio sul mancato utilizzo del Var, non sulla ‘furbata’ di Fede) è solo l’ultimo caso, prima a San Siro si era usato il Var per dare il rigore per il tocco di polpastrello di Hugo, quando l’arbitro a primo impatto (giustamente) non aveva dato penalty. Mentre sul 2° giallo ad Asamoah non poteva essere utilizzata le tecnologia (che può intervenire solo su episodi di rosso diretto, non sulle ammonizioni). Ma di recriminazioni ce ne sono state tante nel primo quinto di campionato, dai casi di Bologna alle forti proteste del Torino. Sempre per un cattivo utilizzo della tecnologia. Servono chiarimenti e modifiche, perché un Var così è controproducente. E porta solo a polemiche su polemiche e ulteriori dietrologie.

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