“Quella di Terracciano è una storia di meritocrazia pura in un mondo dove il merito a volte sembra solo un fatto accessorio” scrive Cecchi su La Nazione
Sulle pagine de La Nazione, Stefano Cecchi dedica un articolo alla storia di Pietro Terracciano, eterno secondo che grazie alla sua pazienza e dedizione è diventato titolare in Serie A con la Fiorentina: “Dicono che anche il Milan abbia messo gli occhi su di lui, il canto delle sirene di un calciomercato infinito. Ma, anche fosse, c’è da scommettere che certe voci non abbiano scalfito comunque la sua tempra flemmatica, quel modo pacato di affrontare le cose del calcio che sembra un suo marchio di fabbrica. Pietro Terracciano, il grande tranquillizzatore. Il portiere che, grazie alla forza serena dell’attesa, si è ritagliato un ruolo nel calcio che conta quando sembrava oramai tardi per farlo. Una storia da applaudire.
Terracciano viene da San Felice a Cancello, comune della provincia di Caserta, e forse per una spinta onomatopeica anche lui nella vita ha deciso di avere come missione quella di chiudere la porta agli indesiderati, quasi sempre attaccanti. E lo ha fatto fin da quando, ancora adolescente, non aveva paura a tuffarsi sul cemento delle piazze: “È stata una vocazione, chi nasce portiere muore portiere, quel ruolo lì non lo si cambia mai”. La Fiorentina sembra comunque averla in qualche modo nel destino, visto che suo fratello Clemente tifa da sempre viola. “Il giorno che Edmundo se ne andò al carnevale di Rio – ha raccontato lui stesso – non lo si teneva dall’ira”.
[…] Terracciano, un globetrotter del Sud con una lunga frequentazione di panchina, visto che la maglia da titolare l’ha avuta solo nella Salernitana. Quando la Fiorentina nel gennaio del 2019 lo scambiò con Dragowski, sembrò così una mossa di complemento. Un modo per dare corpo alla trattativa con l’Empoli, che consegnò al polacco la maglia numero 1 mentre per Terracciano fu pronto il ruolo di riserva di Lafont. Ma il calcio è il luogo fisico delle opportunità. Così il Nostro […] s’è messo a disposizione facendo la panchina prima a Lafont e poi al ritrovato Dragowski senza mai una polemica, una parola di troppo. E quando mister Italiano gli ha dato l’occasione di giocare, lui l’ha colta al volo, convincendo l’allenatore con una serie di prestazioni più che positive.
[…] Una storia di meritocrazia pura in un mondo, quello del calcio, dove il merito a volte sembra solo un fatto accessorio rispetto alla forza di chi ha la tua procura. Una storia, appunto, da applaudire e sostenere con ancor più convinzione“.
L’articolo completo sull’edizione odierna de La Nazione.
Di
Redazione LaViola.it