“Periodo buio. Spogliatoio diviso, un sacco di problemi. Gli italiani da una parte, gli stranieri dall’altra. E poi tre allenatori. Meno male che c’era Pazzini, lui mi dava una mano. Quando ho firmato per la Fiorentina mi ha scritto un messaggio: “Firenze è speciale. Sarà fantastico”. Il Pazzo è un amico vero”
Cominciamo dall’inizio.
“Beh, ci ho messo un bel po’a capire che avrei potuto fare il calciatore. Ero bravino, sì, ma fino a quindici anni giocavo negli amatori, nello Sporting Forlì. Poi un giorno un osservatore mi convinse ad andare al Ravenna. Da lì all’Empoli, la mia casa per un bel po’”.
E gli studi?
“Mai mollati. Ho fatto ragioneria a indirizzo informatico. Avevo la media dell’otto. Quando ritornavo a casa dagli allenamenti mi stendevo sul letto tanto ero fuso. E allora mia madre si sedeva accanto a me e mi leggeva il libro per darmi una mano a studiare. È grazie a lei se sono arrivato in fondo”.
Il suo idolo?
“Kakà. Ero tifoso del Milan e quando l’ho visto dal vivo ho perso la testa. Correva con la palla al piede più veloce di quelli che lo inseguivano. Roba mai vista”.
La scoperta di Firenze come è stata?
“Ho vissuto per anni a due passi da qui, ma venivo solo ogni tanto, a cena, di corsa. Ora finalmente posso viverla fino in fondo. Abito in Oltrarno, e spesso mi metto le cuffiette e passeggio per le stradine ascoltando la musica e alzando gli occhi per scoprire le meraviglia di questa città, che è sentimento puro”.
E qui ha trovato un clima un po’ teso. L’eliminazione dalla Coppa è stato un momento difficile.
“Sì. Ma la cosa che mi ha colpito di più è stata la determinazione del gruppo nel cercare subito una reazione. I tifosi hanno diritto di contestare, ma noi abbiamo il dovere di non perderci. Chiudere bene la stagione è anche il modo migliore per ripartire col piede giusto”.
Saponara, c’è qualcosa del mondo del calcio che non le va giù?
“Il fatto che la sensibilità di una persona venga scambiata per debolezza”.
Lei è sensibile?
“Sento ciò che accade intorno, lo vivo spesso fino in fondo. Con l’età ho capito che questa dote può essere trasformata in forza interiore. Anche la fantasia in campo è sensibilità. Ma non tutti lo capiscono”.
Dei suoi colleghi star dei social cosa pensa?
“No, non fa per me. Massimo rispetto ma costruirsi una immagine virtuale può avere le sue controindicazioni. Non per il calciatori, per tutti. Saper vivere la realtà è ciò che conta, il resto va preso come un gioco, e senza mai esagerare, però. E comunque io la mia mia vita privata la tengo per me. La mia famiglia, la mia fidanzata, i miei sentimenti, insomma”.
E i suoi allenatori?
“Sarri è stato quello che mi ha detto: Riccardo, è ora di fare il salto. Hai le qualità per farcela. Giampaolo è una grande persona. Sono molto grato anche a lui”.
Sousa?
“Completamente diverso dagli allenatori che ho conosciuto fino ad oggi. Niente ritiro, allenamento più ludico, anche se anche lui sta molto attento a ogni particolare”.
L’ultimo: Di Francesco. Sa com’è…
“Me ne hanno parlato tutti molto bene”.
E la storia che Saponara nel suo 4-3-3 potrebbe avere qualche problema?
“Non ha molto senso. La scorsa estate il Sassuolo mi aveva cercato. Quindi…”.
Perché lei ha anche giocato mezz’ala.
“Sì, Inzaghi mi volle provare anche in quel ruolo. Il mio fisico me lo consente”.
Però è un vero dieci.
“L’inserimento e l’ultimo passaggio sono le mie armi migliori”.
Due parole su Bernardeschi, che da qui a fine mercato sarà sempre sui giornali alla pagina del calcio mercato. Le chiedesse un consiglio?
“Gli direi quello che lui stesso ha fatto scrivere sulle scarpe con cui gioca: “Segui sempre l’istinto”, che è anche quello che mi disse mio padre quando decisi di fare il calciatore”.
Di Chiesa che dice?
“Fantastico. Per volontà, tecnica e costanza, la virtù più diffiicile”.
E Borja Valero?
“L’ho sempre ammirato, ma qui ho capito quanto si sbatta per la squadra. È ovunque, è generoso, è un leader”.
Il futuro come lo vede. Sarà una rivoluzione?
“In questa squadra ci sono tanti giocatori che possono ancora dare tanto. Le basi per ripartire sono ottime”.
Lei è la prima pietra della nuova partenza.
“E questo mi rende molto orgoglioso”.
Orgoglio, sempre lui.
“Sì, sempre”.
Di
Redazione LaViola.it