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Sacchi: “Ranieri? Alla Nazionale non si dice di no, Italia trattata male. Darei un’altra chance a Mancini”

Sacchi

Le parole dell’ex allenatore e ct: “Io rinunciai a due miliardi per andare in Nazionale. L’Italia merita un comportamento diverso”

La decisione di Claudio Ranieri, prima sì e poi no alla Nazionale, ha spiazzato tutti in Federazione. Commenta così l’ex tecnico e ct Arrigo Sacchi alla Gazzetta dello Sport: «Mi sembra che, in questo momento, l’Italia sia trattata male, e questo mi dispiace moltissimo. Prima della partita contro la Norvegia ho letto di un giocatore che ha detto no alla convocazione di Spalletti e poi ha polemizzato con l’ormai ex commissario tecnico. Adesso c’è una persona seria come Ranieri che, all’improvviso, dopo che erano già stati stretti degli accordi per l’ingaggio, si tira indietro. E così la Nazionale resta senza allenatore e in pieno caos. Posso dire che l’Italia merita un comportamento diverso?».

Che cosa pensa del no di Ranieri? «Non conosco le motivazioni profonde, ma ritengo che alla Nazionale non si possa dire di no. È un dovere morale rispondere alla chiamata, perlomeno io la vedo così. La Nazionale è la squadra di tutti gli italiani e dunque, per un allenatore, dovrebbe rappresentare il massimo traguardo. Che cosa c’è di più alto e di più nobile che poter essere a capo di un progetto che coinvolge l’intero Paese?».

Evidentemente la Nazionale non è più così appetibile. «Può essere, ma se così fosse la cosa mi sorprenderebbe parecchio. Non possiamo pretendere dai giocatori l’attaccamento alla maglia e lo spirito di gruppo, se poi accadono queste cose. La Nazionale viene prima di ogni altra cosa, prima delle società, prima dei comprensibili campanilismi. Qui bisogna capire che siamo nel mezzo di una situazione drammatica, quella che sta vivendo tutto il nostro calcio, e che per risolverla serve un atto di coraggio e di responsabilità. Per due volte consecutive non ci siamo qualificati per il Mondiale, e sono state mazzate terribili per i tifosi. Vogliamo dare ragione al detto “non c’è due senza tre”? Mi auguro di no».

L’esperienza in azzurro. «Io, pur di allenare la Nazionale, rinunciai a due miliardi di lire nel 1991. Eh sì, perché ne prendevo tre dal Milan e la Federcalcio me ne offriva soltanto uno. E c’era pure il Real Madrid che aveva messo sul tavolo addirittura cinque miliardi perché andassi in Spagna. Non ebbi alcun dubbio: scelsi la Nazionale. Avevo l’ambizione di portare il mio Paese sul tetto del mondo, e nel 1994 ci andai vicinissimo. Se solo non ci avessero messo a giocare in quel forno che era la costa est degli Stati Uniti, e fossimo andati in California come il Brasile, chissà come sarebbe andata… E comunque abbiamo perso la finale ai calci di rigore e i miei ragazzi sono stati tutti degli eroi. Non finirò mai di ringraziarli: hanno dato tutto per l’Italia, per i tifosi. Vorrei che quell’atteggiamento ce l’avessero i giocatori di oggi, invece mi sembra che non ci sia quell’attaccamento alla maglia che è il primo ingrediente per arrivare al successo».

Mancini non si è lasciato molto bene con il presidente Gravina. «Tutti possono sbagliare, e in quel caso Mancini ha sbagliato. Mi sembra che recentemente abbia anche ammesso l’errore, e questo vuol dire che l’uomo sa fare autocritica. L’importante è non perseverare. Credo che una seconda possibilità debba essere concessa a tutti, una volta che hanno capito di non essersi comportati bene e lo hanno pure ammesso. Dunque, anche Mancini, secondo me, avrebbe diritto a una chance. In fondo, l’ultimo trofeo lo abbiamo vinto con lui in panchina. L’Europeo del 2021 ce lo siamo già dimenticato? In quell’occasione lui fu bravissimo a costruire una squadra e a darle un gioco. Dopo quel successo, è stato il buio totale».

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