Rassegna Stampa

“Rocky” Amrabat, un’icona in Qatar. Leader nonostante i problemi alla schiena

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Da Gavi a Bruno Fernandes, da Modric a De Bruyne, sempre vincitore in mezzo al campo: “Faccio fatica a camminare, ma non fermiamoci”

Nel ritiro in Qatar del Marocco il più richiesto per i selfie è Sofyan Amrabat. Da Bucarest i compagni viola hanno esultato per Amrabat, che intanto è diventato un’icona, nel vero senso del termine, a Doha, scrive La Repubblica.

BATTAGLIERO. Ci sono due immagini simbolo: entrambe hanno come protagonista il centrocampista della Fiorentina. Nella prima lo si vede commosso sotto la curva dello stadio Al Thumama: ha le lacrime agli occhi e la fascia di capitano al braccio, ereditata da Saiss, uscito per infortunio. Nella seconda, durante le interviste televisive, il fratello maggiore gli bacia la pelata. “Noi siamo come Rocky Balboa nel film di Stallone, impossibile non fare il tifo per noi. E impossibile anche non fare il tifo per Sofyan: è il nostro leader, un muro per tutti gli avversari. Quello che sta facendo è formidabile. Sapevamo quanto fosse forte, ma sta andando oltre ogni aspettativa”, ha detto il ct Regragui. La scena del numero 4 che esce da una mischia, dopo avere sradicato il pallone a uno o più rivali, è ormai una consuetudine, anche se gli avversari portano un cognome più famoso del suo: il croato Modric, il belga De Bruyne, il canadese Davies, lo spagnolo Gavi, il portoghese Fernandes.

NONOSTANTE I PROBLEMI. L’annotazione assume ancora più valore se si considera che Amrabat non sta proprio benissimo: colpa del noto infortunio alla schiena, che lo ha obbligato a scendere in campo grazie alle infiltrazioni con la Spagna. Eppure le statistiche (49 palloni giocati, 9 recuperi, 4 contrasti vinti, un passaggio intercettato) offrono numeri da incontrista principe e anche da regista aggiunto, equilibratore del centrocampo. Raggiunta la storica semifinale, ha raccontato com’è riuscito a superare le difficoltà contingenti: “Non potevo deludere i miei compagni di squadra e il mio Paese. Ho cominciato con le gambe molto pesanti, mi faceva male dappertutto, era un campo di battaglia. Ora faccio fatica a camminare: giocare ogni tre giorni è incredibilmente complicato, le persone possono sottovalutare questo problema. Ma adesso c’è la Francia, non possiamo fermarci. La finale è a un passo, anche se è il più difficile. Il nostro era un sogno inconfessabile, ma adesso lo possiamo dire a voce alta. In fondo abbiamo subito solo un gol in cinque partite, un’autorete”. 

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