Pioli ha quasi sempre giocato con la difesa a 4 in carriera, ma il modulo varato con il Como ha di fatto rinnegato due mesi di lavoro (e il mercato)
Pioli era stato categorico un paio di settimane fa: le certezze erano i tre difensori centrali e i due esterni di centrocampo, poi spazio a varie interpretazioni tra mediana, trequarti e attacco. Del resto, questa era l’impostazione provata e riprovata fin da metà luglio. E questa era anche la linea seguita in sinergia con la società in chiave mercato. In una settimana, però, è stato di fatto stravolto (e rinnegato?) questo assetto tattico. Questa idea fondamentale alla base del nuovo corso. Segno di confusione o prova di coraggio per cercare di cambiare le cose?
SENZA IDENTITA’. Come sempre è stato il campo a parlare. E al di là di un gol dell’1-2 arrivato in pieno recupero, ha raccontato come contro il Como la Fiorentina si sia lasciata andare ancora in balia dell’avversario. Il 4-4-2 varato da Pioli ha arginato per mezz’ora le iniziative dei ragazzi di Fabregas, ma poi è finito lì. Non ha dato un senso alla squadra, men che meno identità, idee di cosa fare, sicurezze. Una volta che il tecnico spagnolo ha capito come prendere le contromisure, l’andamento della partita era di fatto scritto. Senza che l’allenatore viola riuscisse a cambiare qualcosa nella ripresa. Anzi, il secondo tempo non è stato praticamente giocato da Ranieri e compagni, e i cambi hanno depotenziato addirittura la squadra.
CAMBIO DA ‘ULTIMA SPIAGGIA’? Da un lato, insomma, nelle difficoltà è lecito che l’allenatore cambi – e a volte stravolga – le cose per cercare una chiave vincente (di esempi il calcio ne è pieno), dall’altro però è complicato non leggere in questo dietrofront di Pioli (che in carriera del resto ha quasi sempre giocato a 4 dietro) un chiaro segnale di ‘ultima spiaggia’ (se non di ‘disperazione’) o quasi. Per una squadra per di più costruita senza esterni offensivi. Come se non si riuscisse a trovare soluzioni all’interno dell’idea-base di gioco. “Non pensavo ci volesse così tanto tempo”, è il mantra delle ultime settimane dal Viola Park. Ma la sensazione è che una svolta non sia propriamente vicina. Nè dal punto di vista tattico, men che meno tecnico, e neanche mentale. Perché anche “il miglior primo tempo di questa stagione”, così definito dall’allenatore, è stato pensato più per arginare gli avversari che per creare qualcosa di ragionato. Per dare un’idea di squadra. Per poi vedere lancioni a ripetizione, palle perse e voragini a metà campo nella ripresa. Un’umiliazione tecnica che si è concretizzata con la sconfitta.
DERBY INFUOCATO. Ora un’altra settimana intera di lavoro al Viola Park, prima di iniziare il percorso in Conference. Ma all’orizzonte c’è un derby a Pisa che si preannuncia infuocato per la Fiorentina. Se già con il Como c’era l’imperativo di vincere e dare un segnale – ed è andata malissimo – contro la squadra di Gilardino la tensione sarà alle stelle. Non tanto per una Fiorentina ad oggi in zona retrocessione (ma anche sì), quanto perché allungare l’astinenza da vittorie farebbe salire ancora pressioni e malumore su un ambiente già bollente. Alla vigilia di un ciclo di ferro che vedrà la Fiorentina – questa Fiorentina – affrontare in serie Roma, Milan, Bologna e Inter, con la Conference di mezzo. Urge far punti, trovare una soluzione, dare un segnale. Cambiando qualcosa, è evidente (nel modo di difendere, meno uomo su uomo, nei movimenti senza palla, nell’organizzare gioco, magari infoltendo il centrocampo), ma forse seguendo anche un filo logico per non rinnegare la stella polare inseguita tutta l’estate.
Di
Marco Pecorini