Rassegna Stampa
Rinascita o rivoluzione: avanti con la vecchia guardia, ma è un bivio
La linea è tracciata. L’orchestra viola non cambierà musica neppure stavolta, anche se i risultati (la Fiorentina nell’anno solare 2016 ha fatto peggio pure di Genoa, Sassuolo e Chievo) potevano consigliare un qualche aggiornamento dello spartito. Avanti dunque con la fiducia al gruppo storico, allo schema tattico di questi mesi e con una squadra che, giurano dall’interno del centro sportivo, ha una gran voglia di rivincita.
Paulo Sousa così ripartirà da due capisaldi del suo credo calcistico: continuità e competitività. L’allenatore portoghese infatti non intende, in un momento delicato e già decisivo della stagione, cambiare le strategie tattiche della sua squadra. Modificare tutto adesso rischierebbe, secondo lui, più di confondere le idee del gruppo che di aumentare il livello di imprevedibilità della Fiorentina (ma un leader della squadra come Astori proprio in questi giorni ha parlato di una «Fiorentina ormai troppo conosciuta dagli avversari»): un punto di vista, questo, che l’allenatore viola aveva già messo in mostra anche l’anno scorso.
Non a caso, dopo le soste, mai la squadra viola ha cambiato sistema di gioco. Con il Genoa (finì 1-0), nel settembre 2015, giocò con il classico 3-4-2-1 e la stessa cosa avvenne il mese dopo contro il Napoli (1-2 al San Paolo), a novembre con l’Empoli (2-2 al Franchi) e nella primavera scorsa contro la Samp (2-2). Con un’eccezione però. E qui arriviamo a parlare di competitività: soprattutto dopo le pause di campionato, a Sousa piace premiare (e mandare in campo) i giocatori che sono rimasti a lavorare con lui al centro sportivo. L’anno scorso per esempio, Babacar ha giocato dall’inizio 3 volte su 4 dopo le soste, ma anche Pepito, Kuba Blaszczykowski, Mario Suarez, Rebic e perfino Tino Costa si sono visti consegnare la maglia da titolare a discapito di qualche intoccabile.
Succederà anche adesso? Difficile saperlo ora, anche perché Paulo avrà il gruppo al completo solo oggi pomeriggio, quando ai campini sono attesi i sudamericani Sanchez e Vecino (a proposito il loro derby personale in Colombia-Uruguay è finito 2-2) e soprattutto Ilicic, toccato duro alla caviglia destra da Cahill durante Slovenia-Inghilterra (il video della scivolata dell’inglese ha fatto il giro del web) e possibile acciaccato dell’ultima ora in vista dell’Atalanta. Solo dopo il ritorno di Josip a Firenze ovviamente i medici viola potranno fare una diagnosi precisa, anche se le sensazioni di ieri erano comunque positive (si parla di una contusione, con il trequartista che dovrebbe essere disponibile già per domenica).
Ilicic o no, fatto salvo il sistema di gioco, i ballottaggi restano parecchi: Tello insidia Bernardeschi come ala destra titolare (per il ruolo di Federico da mezzala se ne riparlerà più avanti), Sanchez (un nuovo titolare aggiunto per come si è posto in questo avvio di stagione) si candida per soffiare ancora il posto a uno tra Vecino e Badelj, mentre Maxi Olivera stavolta dovrebbe essere preferito a Milic sull’out sinistro in previsione di una partita tutta all’attacco. Se c’è una certezza infatti è che la partita di domenica all’ora di pranzo contro l’Atalanta di Gasperini, è un appuntamento da non fallire nel modo più assoluto.
Corvino ha parlato di un semplice «problema di forma» della squadra, ma con la classifica che piange e i tifosi che aspettano un segnale concreto, Sousa non può più sbagliare. Altrimenti diventerà impossibile difendere le granitiche certezze tecnico-tattiche su cui si è basato il suo biennio in viola.
Tra Atalanta, Cagliari e Crotone (con in mezzo Liberec e l’Europa League), Sousa insomma si gioca moltissimo e dovrà andare alla caccia del filotto di vittorie, anche se nel recente blitz fiorentino di Andrea Della Valle e Mario Cognigni, la società, gli ha ribadito totale stima e fiducia nel suo lavoro