Il bomber della rinascita viola dopo il fallimento commenta la situazione della squadra dopo le dimissioni di Prandelli
Christian Riganò è il simbolo della rinascita della Fiorentina dopo il fallimento. Lui e Prandelli sono legati da un filo, nemmeno troppo invisibile. Dopo l’era del centravanti è iniziata quella della soddisfazioni con Cesare al comando. Insieme hanno lavorato poco, ma entrambi hanno il cuore rivestito di viola e un legame che non si potrà mai sciogliere. Scrive il Corriere Fiorentino.
Riganò, l’ha stupita Prandelli con le sue dimissioni improvvise?
«Mi ha spiazzato. Aveva messo anima e corpo in questa missione e pian piano stava arrivando dove avrebbe voluto. Mancavano i risultati consecutivi, ma si vedeva il percorso. Dietro il logorio emerso c’è qualcosa che non conosciamo. Circolano molte voci, Firenze è così, ma le cose le sanno soltanto lui e lo spogliatoio».
Ha fatto bene a tirarsi indietro?
«Quando nel calcio ti dimetti vieni accusato di mollare, se resti ti dicono che pensi solo ai soldi. Quindi la domanda non ha una risposta precisa. Prandelli ha lasciato due mesi prima che finisse il contratto. Se non ha tenuto duro significa che era arrivato a un punto preciso. E poi la ritirata ora non è casuale».
Si spieghi.
«Due aspetti. Il primo: lasciare a 10 partite dalla fine non è come farlo a due dal termine quando, se le cose si fossero messe male, sarebbe stato tardi».
E il secondo?
«Si è dimesso quando è arrivata la sosta, lasciando a Iachini la possibilità di lavorare più giorni anche se qualche giocatore è in nazionale. È stato il suo ultimo atto d’amore per la Fiorentina».
A proposito di Iachini, salverà la squadra?
«Al di là del contratto in essere, era la scelta migliore da fare. La storia ci dice che entrando in corsa riesce a risolvere i problemi. Ma dicendo questo non voglio dare limiti alla sua capacità. Inoltre ha sette punti di margine».
Montella, Iachini, Prandelli e Iachini. Cosa non ha funzionato in questi due anni?
«Mi conoscete, sono schietto. In campo vanno i calciatori, non è possibile che tutti e tre non siano stati capaci di imporsi».
Vuole dire qualcosa alla squadra?
«Che adesso sta a loro. Quando c’è la partita l’allenatore dà indicazione, fa dei cambi ma io non ho mai visto uno in panchina fare gol. Ora tirino fuori la Fiorentina dalla lotta per non retrocedere».
A salvezza raggiunta lei consiglia una rivoluzione?
«Non sono un dirigente navigato quindi non ho la soluzione. Però mi chiedo: vale la pena ogni anno cambiare tanti giocatori e ottenere risultati più o meno simili? Però una cosa voglio che sia chiara».
Prego.
«A Firenze si deve stare volentieri, altrimenti via. Ma attenzione, spesso quando si va via da qui da altre parti si diventa uno qualunque, a meno che tu non sia un fuoriclasse. Da osannati e idolatrati è un attimo diventare nessuno. Ne ho visti tanti…».
Di
Redazione LaViola.it