Viola in campo a Cagliari contro quel Ranieri che proprio a Firenze ha vinto i suoi primi trofei da allenatore
L’ultimo signore del calcio si ferma. Un cerchio che si chiude per «Sir» Claudio Ranieri che, proprio contro la Fiorentina, con la quale ha vinto Coppa Italia e Supercoppa italiana, lascerà il calcio. Ovunque è andato, da gentleman del pallone, ha lasciato il segno. Anche a Firenze dove, ogni volta che è tornato da avversario, ha ricevuto applausi e stima. Scrive il Corriere Fiorentino.
«È un allenatore con cui si poteva anche discutere — racconta Lorenzo Amoruso — un uomo intelligente e una persona vera. Ha fatto del lavoro la sua forza e i risultati parlano per lui, in Italia e all’estero. Prima della Supercoppa, fino a quel momento mai vinta dalla squadra detentrice della Coppa Italia, ci disse: “C’è sempre una prima volta, mettetecela tutta, potremmo lasciare un segno nel calcio italiano”. Aveva ragione».
E poi l’asta per i numeri di maglia: «Nell’anno in cui furono introdotti i nomi sulle maglie e fu abbandonata la numerazione dall’1 all’11, ci radunò e ci chiese di fare un’offerta in soldi per scegliere il nostro numero di maglia e poi dette tutto il ricavato in beneficenza. Questo è Ranieri».
«Che grande carriera, la sua — aggiunge Ciccio Baiano — lo dimostrano i risultati e i riconoscimenti ottenuti. In tanti lo ricordano per il campionato vinto col Leicester, ma ovunque è andato o ha vinto, o ha portato la squadra ad alti livelli. Ha dimostrato di essere un allenatore top, che io ho avuto la fortuna di avere per quattro anni. Il momento più alto è stato quando mi ha dato la fascia di capitano dicendomi che ero il collante del gruppo. Il momento più basso, invece, è stato quando sono rientrato dall’infortunio al crociato: io volevo giocare, lui mi diceva che non ero pronto. Un giorno mi disse: “Ti lamenti, ma ora ti faccio vedere il Baiano pre e post infortunio”. Mi fece vedere due cassette. C’era un abisso tra quello che ero e quello che pensavo di essere».
«La sua è stata una carriera strepitosa — racconta Oreste Cinquini, d.s. della Fiorentina di allora — Io, Claudio e Giancarlo (Antognoni, ndr ) siamo stati quattro anni a Firenze e abbiamo fatto un percorso fantastico. A partire dalla serie B, in cui ci siamo trovati a dover gestire un gruppo che veniva da una retrocessione confusionaria. Ranieri è un top, parla quattro lingue, è colto e molto serio. Il nostro rapporto? Prima di tutto umano, poi calcistico e la nostra amicizia è proseguita negli anni».
«Che grande Ranieri — racconta Luciano Dati — ne abbiamo fatte tante insieme. Vi racconto questa: ritiro pre Supercoppa. Mentre mangiavamo a una grande tavolata, io e Ranieri ci si guardava per capire come stessero i giocatori e notammo un silenzio assordante, così dopo uno sguardo d’intesa, io e lui ci appartammo. “Che studiamo?”, mi chiese. “Ci penso io”, gli risposi. Andai in camera, cercai un paio di bretelle e le agganciai, davanti, ai pantaloni, e dietro ci misi un contenitore, una sorta di wc portatile, e tornai dagli altri. Quando mi vide, il mister — complice — esclamò: “Che fai?”. “Siamo troppo silenziosi, qualcuno che se la potrebbe fare addosso e io ho portato il necessario per correre ai ripari».
Nessuno se la fece addosso e fu espugnato San Siro. Stasera, dopo 38 anni di carriera e dopo l’ennesimo miracolo calcistico, Ranieri abdica. Al fischio finale non mancheranno lacrime e commozione, anche in chiave viola.

Di
Redazione LaViola.it