Approfondimento del quotidiano sul centrocampista tutto fare, tra i protagonisti della bella stagione della Fiorentina
Lui, Bonaventura, è sempre quello sottotraccia. Scintilla il calciomercato, ogni giorno sui giornali mulinano nomi che esplodono nel cielo delle illusioni incendiando la fantasia. E di lui nessuno quasi si ricorda. Un calciatore da retropalco. Eppure non c’è quotidiano che nelle possibili formazioni del prossimo anno non lo inserisca fra i titolari della Fiorentina. Scrive Cecchi su La Nazione.
Ma forse è proprio il destino di Bonaventura quello di non bucare lo schermo. Di passare inosservato alla luce fatua e velleitaria delle cronache sportive estive e non solo. Bonaventura, dunque. Di nome fa Giacomo, come l’omino «tenero» con barba e bombetta che sulla Settimana Enigmistica era una presenza fissa, ma tutti da sempre lo chiamano «Jack». Come Jack Sparrow, il pirata che nei Caraibi andava alla ricerca di forzieri fantasma. O come Jack Frusciante, quello che uscì dal gruppo (nel caso i Red Hot Chilli Pepper) e sul quale Enrico Brizzi anni fa scrisse un libro dal titolo omonimo.
Quasi una profezia
Perché anche Jack Bonaventura sul prato verde è uno che esce spesso dal gruppo del centrocampo. Puntando l’area avversaria in cerca di fortuna. Un trequartista diventato mezzala, uno dei pochi nel gruppone viola col fiuto non disdicevole del gol. Per ora in maglia gigliata ne ha segnati solo 7 ma nelle sue corde sembra averne assai di più. Marchigiano di San Saverino, figlio di un operaio e conosciutissimo in città dove gli hanno dedicato perfino una canzone. Si intitola «Il numero 10 tu sei». In Toscana era già arrivato giovanissimo in quella fucina di talento chiamata Margine Coperta. L’Atalanta lo vide, se ne innamorò e lo prelevò da lì a 16 anni, facendolo esordire in serie A a 21.
La forza silenziosa della timidezza? Chissà. Fatto sta l’anno successivo la maglia nerazzurra numero 10 passò sulle sue spalle. Il prologo per il passaggio al Milan, che avvenne nel 2014. In rossonero Jack è rimasto per sette anni, annoverando 184 partite e 35 gol. Non poco. Eppure anche nella Milano rossonera dei Keisuke Honda e dei Montolivo, dei Kevin Prince Boateng e di Jeremy Menez nonostante le ottime prove non ha mai incendiato la fantasia. Un giocatore «buono per molti ruoli», un «ottimo jolly», per usare le definizioni dei media, ma niente più. Il destino dei calciatori sottotraccia. Di quelli che non hanno il proscenio patinato nelle proprie corde.
Così anche il suo arrivo a Firenze nell’estate del 2020 passò quasi inosservato
Con i riflettori che si accesero su altri. Da Sofian Amrabat a Lucas Martinez Quarta fino a Callejon, Jack si presentò a fari spenti. Con la prospettiva di essere una buona riserva presa a parametro zero per dare il cambio a Castrovilli o Duncan, niente più. Lui, da bravo giocatore sottotraccia, è rimasto in silenzio, lasciando che a parlare in sua vece fosse il campo. E il campo ha parlato eccome: prima con Iachini, poi con Prandelli, quindi ancora con Iachini quasi sempre titolare. Con l’arrivo dodici mesi fa di Italiano, l’esplosione vera e propria.
Giacomo Bonaventura, una sorta di insostituibile negli schemi del mister siculo-tedesco. Salito a fine stagione sul podio non banale dei tre migliori viola del campionato. Roba preziosa in una squadra di calcio. Per questo, mentre le luci stroboscopiche del calciomercato puntano altrove, accendere un piccolo riflettore su di lui non stona. Pronti a scommettere che da metà agosto in poi il calciatore sottotraccia sarà di nuovo luminoso. E centrale in quella macchina da calcio chiamata Fiorentina versione Italiano.
Di
Redazione LaViola.it