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Qualità senza risparmio, o risparmio senza qualità? E la condanna alla mediocrità

Ok, se proprio si vuol essere onesti non si può negare come nella gestione precedente, come ama chiamarla l’attuale dg viola, il monte ingaggi era andato decisamente sopra le possibilità della Fiorentina. 1,8 milioni netti per Richards, 1,7 per Aquilani, quasi 4 per Gomez etc, erano costi fissi decisamente troppo alti per un club che ne fatturava poco più di 120-130 con gli introiti dell’Europa League e dei diritti tv, hanno creato il famoso buco di bilancio che ha costretto Corvino a smantellare la rosa 2016-17. Anche perché la proprietà non ha più intenzione di staccare l’assegno da 10-15 milioni annui come ha sempre fatto per ripianare, e perché le entrate senza coppe sono diminuite.

Però a tutto c’è un limite. L’autofinanziamento in fondo c’è sempre stato da quando esiste o è stato creato il fairplay finanziario. Jovetic, Ljajic, Nastasic, Cuadrado e via discorrendo venivano ceduti anche prima del buio che si è venuto a creare negli ultimi mesi.  La differenza sta nel come chi parte viene sostituito. Se fino all’arrivo di Corvino arrivavano calciatori comunque importanti con costi di gestione mediamente alti, adesso la priorità è diventata la riduzione dei costi. Magari non tanto nel costo del cartellino, ma quanto nel costo dell’ingaggio. E la strategia di mercato di Corvino rispetto a quella di Pradè è decisamente differente: mentre l’attuale ds della Samp preferiva investire sugli ingaggi piuttosto che sui cartellini, Corvino preferisce elargire qualche soldo in più sul costo di trasferimento mantenendo il più basso possibile il discorso costo fisso. Aquilani preso a 0 ma con un ingaggio ad 1,7 non arriverà mai in questo momento a Firenze, così come i Pizarro o lo stesso Richards. Magari arriveranno calciatori pagati 4-5 milioni ma che prendono 4-500 mila euro di ingaggio. Che se non funzionano poi verranno rivenduti. E così via.

Capita così che anche le dirette concorrenti per le posizioni a rincalzo dell’Europa League abbiano fatto dei salti in avanti, mentre la Fiorentina continui a fare solo passi indietro. Limitandosi semplicemente alla questione attaccanti, l’Atalanta, ad esempio, si permette di dare 1,6 netti al Papu Gomez. Il Toro ha Belotti, Ljajic, Niang ad 1,5 milioni netti ed oltre, la Samp ha Zapata e Quagliarella sopra il milione, perfino il Sassuolo ha Berardi a 2 netti. Il tutto escludendo la Lazio che una volta era al pari o sotto al club viola, e che adesso vola con una rosa piena zeppa di calciatori importanti. La Fiorentina ha Babacar per sbaglio, visto che il suo rinnovo non è stato certo operato da Corvino, e non è un mistero che la Fiorentina lo voglia vendere da tempo proprio per dei costi di gestione considerati folli. E poi c’è Simeone a 1.

La domanda viene spontanea: qualità senza risparmio, o risparmio senza qualità? Perché se tra Zapata e Simeone si è scelto di puntare sull’argentino per un discorso di prospettive, qualità etc allora è un discorso. Se invece la Fiorentina ha scelto di puntare sull’ex Genoa solo e soltanto perché si è accontentato di guadagnare meno rispetto all’ex Udinese e Napoli, allora, il discorso cambia. Ecco che anziché Strinic arriva Biraghi, ecco che la politica improntata al risparmio diventa un suicidio sportivo. Anche perché rispetto agli anni del primo Corvino, il calcio mercato è cambiato. Oggi avere Toni e Mutu in rosa a 2 milioni di euro netti è quasi impossibile. Anche perché il gap tra chi può dare ingaggi folli e chi no è aumentato.

In sostanza: pensare di poter ambire all’Europa quando tutti gli altri fanno investimenti più onerosi mentre la tua strategia è solo improntata al risparmio, pensando (o sperando) che gli altri siano tutti sciocchi e tu abbia il fiocco rosso, è quanto mai presuntuoso.

Analisi che portano ad una sola domanda: cosa vuol fare la Fiorentina? Al di là dell’autofinanziamento, che ormai è chiaro ed evidente, c’è la volontà di lasciare Firenze nella mediocrità? Il pubblico viola deve abituarsi a tale scenario di mediocrità dal quale non si vede via d’uscita? I proclami di Corvino sono destinati a restare solo parole? Anche perché dai piani alti tutto tace, ed al momento la credibilità di chi opera per la Fiorentina è ai minimi storici. Intanto, tra una plusvalenza qua ed un taglio del monte ingaggi là, la buona e vecchia dimensione della Fiorentina continua a calare in picchiata. Ed anche se dovessero arrivare sei punti nelle prossime due gare, la sensazione non cambierebbe assolutamente. Anche perchè è altrettanto vero che non è tutto da buttare. Ma il modo di operare della Fiorentina ormai è questo, e quasi drammaticamente chiaro. Anche perché si è preferito andare a Genova senza un rinforzo in mezzo al campo, per esempio, perché entra qualcuno solo se esce qualcun altro. E da qui a fine mercato difficilmente la strategia cambierà. Dall’ambizione alla mediocrità, il passo sembra esser stato compiuto.

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