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Prandelli: “Volevo vincere a Firenze, forse davo fastidio. DDV mi dette del traditore. La Juve…”

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L’ex allenatore della Fiorentina torna sulla sua esperienza in viola: “Ero io che ero stato tradito e lasciato. Mi dissero che avrebbero ridimensionato”.

Lunga intervista al Corriere dello Sport per Cesare Prandelli, che parla molto di Firenze. Ecco alcune sue parole: «Via dalla Fiorentina? Chiariamo: non lascio la Fiorentina, sono lasciato. Avevo ancora un anno di contratto. Mi dissero che avrebbero ridimensionato e che io, allenatore ambizioso, potevo andare dove volessi. Due giorni dopo leggo un’intervista di Diego Della Valle che mi dà del traditore perché volevo andare alla Juve». 

Era vero? «Era vero che la Juve mi voleva, ma io amavo la Fiorentina, volevo portare un titolo in bacheca. Chiamai Bettega e gli dissi che non se ne faceva più niente. Traditore? Quello tradito ero io. Forse ero diventato troppo popolare, davo fastidio». 

Una storia che non meritava di finire così. 
«Loro avevano necessità di tesserare Mihajlovic in tempi brevi, sono andato in società e ho rinunciato al mio anno di contratto per rispetto della città». 

FIRENZE. «All’inizio, non lo capivo lo spiritaccio fiorentino. Non capivo se scherzavano o mi provocavano quando mi fermavano per strada: “Te, tu, qui devi vincere tutto…”. Io sono un tipo basico, da noi sarebbe un ultimatum minaccioso». E poi? «Ho conosciuto la generosità di questa gente. Sapevi che l’espressione “ridotti al lumicino” nasce qui, a Firenze? C’era un oratorio con una cassetta delle offerte, dove accendevano un lumicino per i “poveri vergognosi”. Quando uno cadeva in disgrazia e non aveva il coraggio di chiedere l’elemosina».  

Generosi anche nel lutto. Lo si è visto con Astori e, prima ancora, il tuo. Tua moglie Manuela. «Ricorderò sempre quel minuto di silenzio, prima di Fiorentina-Inter. Mi ha sconvolto. Silenzio vero, profondo. E poi le manifestazioni di affetto, ai funerali, per strada». Ha imparato a interessarsi di calcio Novella, la tua compagna? «Non lo vede il calcio, ma ha dei flash. Viene alla sua prima partita e mi parla di Jorgensen. “È il più importante che hai”, mi fa. La guardo allibito. C’erano tanti campioni in quella Fiorentina, Mutu, Toni, Montolivo…». Ci aveva azzeccato? «In pieno. Un ragazzo straordinario per la serietà, la capacita di aggregazione. Uscivo dallo spogliatoio, ma era come se restassi. C’era lui».  

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