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Pradè, una vita da mediano. Attende segnali sul futuro. Ma intanto lavora in silenzio

Daniele Pradè

Scadenza del contratto: 30 giugno. E pochi segnali a proposito del rinnovo,situazione condivisa con altri dirigenti all’interno della Fiorentina in un momento in cui il clima ondeggia fra la possibile smazzata, la piccola turbolenza e una carezza. Eppure Daniele Pradè continua a lavorare come se tutto fosse già chiaro, compreso il verdetto che lo riguarderà, perché ci sono da seguire trattative nate in passato (Pavoletti, Mario Rui, Verre, Missiroli, più da lontano Praet e Lisandro) e comunque il sentimento verso i Della Valle è di riconoscenza a margine di un bilancio calcisticamente positivo: tre quarti posti e un quinto, l’opportunità di lavorare a livelli alti rappresentando una proprietà solida, la fiducia concessa all’inizio per la scelta dell’allenatore (Montella invece di Ranieri, già opzionato dalla società).

Ci sono stati certo anche i momenti bui, in particolare nell’estate del 2013, quando la presentazione di Gomez fu l’ultimo innesco di un confronto interno molto netto in termini di competenze e rapporti con l’esterno. Il solito refrain dell’ultra esposizione, un passo indietro per Pradè dalla figura del dirigente a tutto tondo, la ricerca di una collocazione più circoscritta, un passo indietro inevitabile, un ruolo più specifico. Una vita da mediano/ a recuperar palloni/ con dei compiti precisi/ a coprire certe zone e giocare generosi? Più o meno. Pradè si è adattato allo stile DV rinunciando probabilmente a una parte delle competenze acquisite a Roma, dalla sua parte restano la scelta di Montella e alcuni colpi che hanno formato l’ossatura della squadra (Borja Valero, Gonzalo, Ilicic, Pizarro, poi Vecino e ovviamente Cuadrado).

E’ andata meno bene con altri (e Benalouane rappresenta il simbolo probabilmente insuperabile del flop), perché negli scorsi mesi il pool di mercato ha agito in modo non esattamente fulminante e anche Pradè si è misurato con i rimbalzi, più che con i successi. Modalità da rivedere. «Meno male che ora c’è un referente ed è Mario Cognigni», scandirebbe Sousa.
Per Pradè dopo quattro anni resta il senso di un’esperienza da completare – comunque – con professionalità fino al 30 giugno, anche perché eventuali nuovi datori di lavoro molto apprezzerebbero chi fino al termine del mandato tiene fede all’impegno. O magari i datori di lavoro potrebbero restare gli stessi. Tutto è possibile mentre volteggia un ritorno con tre sillabe (Corvino). I mediani pensano a recuperar palloni/ con dei compiti precisi. E magari anche con un po’ di autonomia in più, in certi momenti sarebbe utile.

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