Rassegna Stampa

Potenza della mediocrità. Per una tristezza infinita

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La Fiorentina è in debito con i suoi tifosi, da ripartire serenamente in tre parti uguali: 33% la società, assente-presente a seconda dei giorni; l’altro 33% la dirigenza sportiva, quella che fa il mercato, che «vive» la città giorno dopo giorno, che visti i risultati ha costruito un organico di basso profilo; l’ultimo 33% va a Pioli e ai giocatori, incapaci persino di capire cosa sia successo contro la Samp e il Verona. Questa è una Fiorentina mediocre, e nessuno si offenda: squadra che può navigare a metà classifica senza un obiettivo preciso, che «vivacchia» (ci torna in mente Diego Della Valle alla presentazione del plastico del primo nuovo stadio, tanti anni fa al «Four Seasons») tra la disperazione dei tifosi che non vedono più nemmeno un briciolo di anima.

Ieri la Fiorentina non ha giocato, ma non è questo il punto: Pioli ha le colpe principali nel non aver saputo gestire la squadra dopo la sosta, con scelte assurde a Genova e con una sorta di rassegnazione nello sguardo che accompagna le sue domeniche in panchina. Non c’è anima nei giocatori: Chiesa, il simbolo, rischia di appassire assieme al resto dei compagni. E non è certo da lui che si pretende la scossa, anche se è il giocatore di maggior classe. Personalità, questa sconosciuta. Si è vista a sprazzi nella prima parte di campionato: ma se il cuore e la corsa non reggono, Romulo pare Garrincha e Kean un Ibra prima maniera. Esistono discreti giocatori nella Fiorentina, ma in questo momento pagano l’assenza di un’idea che voli più alta dei risultati. Un’idea di calcio.

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