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Polverosi su CorSport: “La Fiorentina alla ricerca del suo 10 very Gud”

L’islandese ancora a caccia della miglior collocazione tattica. Dopo una prima stagione sottotono, è arrivato il momento di mostrare il suo talento

Montuori, De Sisti, Antognoni, Baggio, Rui Costa, Mutu e Gudmundsson. Un argentino, tre italiani, un portoghese, un rumeno e un islandese. Con una cosa in comune, la maglia viola. Ma non una qualsiasi, bensì quella più affascinante, quella che dietro porta il numero 10. E se Albert Gudmundsson vuole arrivare al livello di questi mostri sacri, è arrivato il momento di dare e fare qualcosa di più. Così scrive il Corriere dello Sport – Stadio.

PRIMA STAGIONE SOTTOTONO. La scorsa estate, quando la Fiorentina lo acquistò dal Genoa, venne celebrato come un colpo notevole, un grande acquisto nel solco della tradizione dei 10 viola. Arrivato al Viola Park con un infortunio e una vicenda giudiziaria pendente con l’attesa sentenza del tribunale islandese. 8 gol e 2 assist il bottino del primo anno. Però come rendimento, qualità mostrata in campo e capacità di determinare non si è neanche avvicinato ai livelli della stagione precedente nel Genoa. Quest’anno sembrava partito meglio, con il gol del 3-0 a Presov contro il Polissya. Pioli gli ha dato subito piena fiducia, mettendolo al centro del suo gioco, ma dopo quella rete nelle tre partite successive (Cagliari, il secondo tempo del ritorno col Polyssia e Torino), l’islandese si è di nuovo fermato.

POSIZIONE IN CAMPO. A un giocatore di fantasia, dotato di talento, pochi allenatori al mondo assegnano una posizione rigida e Pioli non è fra questi. L’anno scorso faceva spesso un movimento di cui era difficile capire la necessità: tornava indietro fin quasi sulla linea difensiva per prendere la palla dai piedi dei centrocampisti e iniziare l’azione, invece di aspettarla e giocare dietro o al fianco di Kean. In quel modo, la Fiorentina si schierava col 3-6-1. Quest’anno, nella prima con il Polissya, ha agito da seconda punta e quando ha segnato il 3-0, con Kean espulso e la squadra in 10, era diventato l’unica punta. A Cagliari si è sacrificato come schermo di Prati, regista rossoblù; nel secondo tempo col Polissya a Reggio Emilia, ancora seconda punta alle spalle di Dzeko; a Torino di nuovo trequartista, di fronte al regista Asllani, ma stavolta dietro a due punte, Piccoli e Kean. Poco spazio nel primo tempo (una sola bella giocata sull’occasione di Piccoli), nel secondo si è spostato a sinistra e in quella zona è scomparso.

POCHI DRIBBLING. Quello che non torna è la rara ricerca del dribbling, la sua specialità nel triennio genoano. Guardando la tabella (che prende in esame le ultime due stagioni nel Genoa e le prime due nella Fiorentina, confrontate sul minutaggio), balza all’occhio la differenza dei dribbling tentati e riusciti. È vero che nel 2022-23 il Genoa era in B, un campionato con un grado di difficoltà inferiore, ma il distacco è eccessivo. Facendo la media con i minuti giocati, si passa da un tentativo di dribbling ogni 26′ con i rossoblù a uno ogni 44′ con i viola. E da un avversario superato ogni 52′ a uno ogni 81′. Prendendo l’ultima stagione col Genoa (in A) e la prima con la Fiorentina, la differenza continua ad essere evidente: con Gilardino provava un dribbling ogni 33′ e gli riusciva ogni 73′, con Palladino un tentativo ogni 48′ e una riuscita ogni 87′.

RISCATTO. Albert necessita di ritrovare la sua media, deve osare di più, deve puntare l’uomo e saltarlo, altrimenti la sua presenza in squadra perde di significato. La Fiorentina necessita del suo vero talento, della stessa capacità mostrata col Genoa, quando tutta la squadra, a cominciare da Retegui, si serviva della sua tecnica, della sua fantasia e del suo intuito. Pioli continuerà a insistere su questo ragazzo che, se ritroverà il meglio di sé, entrerà pure lui nella galleria dei fantastici 10 viola.

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