Brutto l’epilogo finale. Per Pioli allenare la Fiorentina era il sogno di una vita. A differenza di altri suoi predecessori
Per Stefano Pioli la Fiorentina era il sogno di una vita, il primo allenatore dopo Prandelli che non considerava la panchina viola come un taxi, come era stato ad esempio per il suo predecessore, Paulo Sousa.
Spesso è stato definito fin troppo aziendalista, ma se alleni la squadra del cuore è normale diventare indulgenti e accettare a volte più del lecito situazioni complesse. Pioli è sempre stato riflessivo, mai incline alla rissa verbale. I problemi si risolvono con calma, non alzando mai la voce e senza mettere in difficoltà nessuno, meno che mai chi ti paga lo stipendio.
E così ha fatto nei primi mesi di lavoro, nonostante la raffica di cessioni e la ripartenza tecnica, anche di fronte ad una partenza come quella di Badelj che lui considerava fondamentale. Forse pensava di essersi meritato il rinnovo, nonostante risultati e prestazioni non certo esaltanti.
Se la Fiorentina non è crollata sotto il peso di un dolore inestinguibile come la scomparsa di Astori, il merito è stato in gran parte di questo distinto signore di 54 anni, che ha lavorato con parole semplici nella testa di ragazzi sconvolti da quanto era accaduto, trasformando la tragedia in una molla per vittorie in serie. Certamente poteva finire in un altro modo. Questo il ritratto del Corriere Fiorentino.

Di
Redazione LaViola.it