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Piano B, sacrificare l’oggi per non rovinare anche il domani. Ma nulla sarà come prima

Commisso

La ripresa del campionato si fa sempre più difficile. E il calcio dovrà cambiare mentalità. Tra gli innovatori c’è il patron viola Rocco Commisso

PIANO B. Tra i primi a lanciare il grido d’allarme ci fu proprio Rocco Commisso. Fare tutto il possibile per tornare a giocare questo campionato sì, ma a patto di non rovinare anche la prossima stagione. “Il calcio deve pensare al lungo periodo, non solo all’oggi”, disse il patron viola qualche settimana fa, quando ancora c’era estrema fiducia da parte delle istituzioni del calcio sulle possibilità di portare in fondo questo campionato e fare quasi tutta una tirata con la stagione 2020-21, compressa da Euro 2021. Le istituzioni politiche, invece, dal canto loro non hanno mai aperto troppo a tale possibilità, fino al “le società farebbero bene a pensare ad un piano B. Il vicolo perché il campionato riparta si fa sempre più stretto” del Ministro Spadafora di oggi.

Fece eco a quelle parole di Commisso anche Beppe Iachini, che fu uno dei primi allenatori a porre l’accento su un tema trascurato, quello di chi il virus l’ha preso.  “Chi è risultato positivo per un sacco di tempo dovrà allenarsi a regime ridotto. Non potrà andare a battiti troppo elevati, e non si sanno a pieno i rischi e le conseguenze” disse il mister viola. E da qui nacque l’allarme dei medici sportivi e dei club sulle responsabilità dinanzi a nuovi eventuali casi di positività.

CUMULO DI DEBITI. Il Covid-19 cambierà il mondo. Lo sta già facendo, a tutti i livelli, ed in tutti i paesi. E se non lo si fosse capito serve pensare con occhi diversi dalla tutela del proprio orticello. Così come è sbagliato pensare all’uovo oggi sacrificando la gallina domani. Dopo anni passati a mettere i debiti sotto il tappeto e aggiustare i bilanci tramite le plusvalenze, il calcio si è riscoperto drammaticamente incapace di poter reggere la botta del coronavirus. Una sorta di tempesta perfetta per un sistema malato da anni che si è alimentato facendo passi lunghi quanto la gamba facendo la cicala anziché pensare come la formica. Con l’aumento dei diritti tv quasi tutti hanno pensato a prendere più calciatori, aumentando gli ingaggi, dando commissioni milionarie agli agenti, sperperando a destra e a manca. E’ capitato così che il calcio italiano sia diventato sì più competitivo riducendo il gap con altri paesi, ma a suon di spese. Cristiano Ronaldo, ad esempio, è arrivato in Italia anche grazie alla flat tax che gli ha permesso di poter pagare solo 100 mila euro di tasse, costando però alla Juventus oltre 30 milioni di euro netti, mentre l’Inter ha preso Conte dandogli 11 milioni di euro netti. Quasi nessuno, invece, ha investito sulle infrastrutture o pensato ad autofinanziarsi lavorando sul vivaio. E oggi, quelli stessi detentori dei diritti tv chiedono e chiederanno il conto, più o meno giustamente a seconda di come la si veda, mettendo in ginocchio il sistema.

IL CASO FIORENTINA. Tutti concetti fin troppo elementari, che però hanno contraddistinto il modus vivendi del calcio in queste ultime annate. I Della Valle avevano provato a combattere questo sistema, in anni non sospetti. Erano arrivati per primi nei concetti, col nuovo stadio di proprietà come unico modo per sostenersi economicamente, con la consob del calcio sui diritti tv da spartire in modo più equo, ed altre idee che però poi non sono state seguite dai fatti. Commisso, invece, ci ha messo poche ore per evidenziare quali fossero i problemi del calcio italiano e cosa doveva esser fatto per invertire il trend. E alle idee ha fatto seguire i fatti con sponsorizzazione della propria azienda, idee, marketing internazionale, l’ingaggio di un campione come Ribery, e l’acquisto per il centro sportivo con relativo progetto per un investimento da oltre 70 milioni di euro. Il tutto accompagnato dalla battaglia per lo stadio, mai stata così veloce e accesa.  Con la mano destra lavoro per le infrastrutture, con la sinistra per la squadra” ha detto più volte nelle ultime settimane il patron viola testimoniando come da queste parti, a differenza di altre realtà, ci siano idee imprenditoriali diverse rispetto a quelle che hanno caratterizzato il sistema calcio per troppi anni. E che adesso rischiano di portare il mondo del pallone sul lastrico.

Ripartire porta con sé troppi rischi. Fermare tutto è stato fin troppo facile. Sulla carta, perché fermare il carrozzone è stato a dir poco arduo. Come poter rimettere in moto il mondo del pallone è troppo difficile ed insidioso per come il calcio è di sua natura. Nulla sarà come prima, per tutti. Per tornare alla normalità vera delle cose servirà tempo. Quello che il calcio come è strutturato oggi non ha e non vuole darsi. E serviranno idee, quelle che Commisso ha dimostrato di avere, e che altri fin qui non hanno neanche voluto ascoltare.

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