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Pessina lascia la soprintendenza: da Nardella a Commisso, quanti “nemici”…

Barone Casini Pessina Commisso

Pessina lascia Firenze alla fine del suo mandato durato sei anni: ora un traghettatore ma resta il dubbio su chi lo sceglierà

La festa d’addio, celebrata ieri a Palazzo Pitti, con un ristretto numero di invitati, è la sintesi dei sei anni di Andrea Pessina a Firenze. Il soprintendente di Archeologia, Belle arti e Paesaggio lascia alla scadenza del mandato con un piccolo rinfresco. In cui sono stati ammessi solo i fedelissimi. Fuori dalle finestre, una città con cui l’amore non è mai sbocciato. Scrive il Corriere Fiorentino.

A Firenze lo hanno ribattezzato il «signor no»

Ma le polemiche più forti sulla sua Soprintendenza hanno riguardato un «sì». Quello ai pali della tramvia in piazza Stazione, la selva di metallo che oscura la basilica di Santa Maria Novella. Tanto che a Palazzo Vecchio, dove Pessina non ha incontrato particolari simpatie, a stupire è stato il veto posto contro le pensiline alle fermate del tram: «Ma come? I pali sì e le pensiline trasparenti no?». E’ la domanda che ancora si fanno in Comune.

Pessina, 59 anni, a Firenze di nemici se n’è fatti molti con la sua idea che «la tutela viene sempre prima» e l’adattamento di un bene alle esigenze attuali è secondario

Uno su tutti Dario Nardella, che non ha mancato di manifestare insofferenza verso gli ostacoli della Soprintendenza, come sull’eolico del Mugello: «Rivediamo i vincoli, la Toscana non può rimanere indietro», è stato il monito del sindaco prima che il governo prendesse in mano la partita scavalcando il parere di Pessina. Tra i nemici anche Rocco Commisso. Che si è visto bocciare il progetto Casamonti per il nuovo stadio. Il patron viola, raccontano, andò su tutte le furie quando si sentì dire no ai led e all’abbattimento delle curve del Nervi.

Per il soprintendente sono nati così i partiti dei detrattori e dei sostenitori. Questi ultimi in particolare nel mondo accademico. Per chi lo conosce da vicino, Pessina non è affatto un integralista. Semmai uno schivo, abituato a lavorare da solo. Qualche anno fa, per un periodo fu costretto ad assentarsi. E in Soprintendenza spiegavano che «è tutto bloccato, lui vuole controllare tutto, finché non torna siamo fermi». Per alcuni la sua formazione da archeologo — non da architetto come molti soprintendenti — lo rende meno abituato al lavoro di squadra. C’è chi gli imputa di essersi chiuso a Palazzo Pitti senza cercare il dialogo col Comune.

L’ex soprintendente Paola Grifoni ogni mattina si sentiva col vicesindaco Giuseppe Matulli: «Il confronto è fondamentale — ricorda — Ma smettiamo di dire che Pessina è l’uomo del no. La realtà è che Firenze è una città difficile, per il suo patrimonio. Ma anche per i fiorentini. Ci sono guelfi e ghibellini, ma anche una tradizione di sindaci che non appena ricevono un parere negativo vanno a bussare al ministro». Lei rivendica il primato delle Soprintendenze sul tema della tutela, spiega che la riforma Renzi l’ha indebolito e spezza una lancia a favore dell’ultima battaglia di Pessina: «Il no all’eolico in Mugello? Il problema non sono le pale, ma le strade da costruire distruggendo i boschi».

Ora la Soprintendenza sarà affidata a un traghettatore interno

E’ ancora da chiarire se la nomina del prossimo titolare spetterà al governo Draghi o quello Meloni. Ma le future partite di Firenze saranno comunque decise a Roma. Lo stadio, la tramvia, la nuova pista di Peretola sono tutti capitoli legati al Pnrr. E quindi voleranno sopra la testa della Soprintendenza.

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