Paura di non si sa cosa, complessi di inferiorità e pressioni. Da Pioli a Montella fino a Iachini. Da due anni Fiorentina in sofferenza mentale
Senza tornare troppo indietro nel tempo, da due anni ad oggi in casa Fiorentina cambiano gli interpreti, giocatori, dirigenti, tecnici che siano, ma il fil rouge sembra rimanere sempre lo stesso. Le prospettive, almeno sulla crescita piuttosto che sul lento ma annunciato declino, sono diametralmente opposte. Ma sul campo e in panchina si ripetono ritornelli che obbligano a riflettere.
“Soffriamo dal punto di vista mentale”, ha detto il vice di Iachini Carrillo dopo il pericolo scampato col Padova (squadra di due categorie inferiori), ribadendo lo stesso concetto rilanciato spesso e volentieri da Iachini stesso. Prima di lui lo aveva fatto più volte Vincenzo Montella, sia nella coda della gestione Della Valle che nei primi tempi di gestione Commisso, così come a tratti aveva fatto appello a questi concetti anche Pioli nei momenti più difficili del suo cammino fiorentino. Idem anche per Iachini, che aveva sottolineato difficoltà e pressioni che limitavano il rendimento dei suoi calciatori sia quando subentrò all’aeroplanino, con una situazione di classifica a dir poco complicata, che in queste ultime settimane. Scenari diversi, situazioni diverse, ma stesse paure. Di cosa, tuttavia, si stenta a capirlo.
PAURE DIVERSE. La Fiorentina del primo Montella bis aveva la B ad un passo. Lo stadio ribolliva, contestava e la proprietà era ormai sul passo d’addio. La prima di Iachini si ritrovava invece un Franchi strapieno, carico di entusiasmo per l’avvento di Commisso, ma una situazione di classifica disastrosa con gare quasi da dentro o fuori per evitare un fallimento sportivo con pochi precedenti. Paure diverse, ma concepibili. Questa Fiorentina, invece, era chiamata a fare un salto di qualità. Che però, ad oggi, non è stato fatto. Anzi.
ANDARE OLTRE. Non serve chissà quale psicologo per capire come a Iachini sia stato chiesto un salto di qualità che sta facendo enorme fatica a mettere in pratica. Spesso e volentieri, infatti, la paura che ha uno spogliatoio proviene dal manico. Perché Iachini è perfetto per ridare motivazioni, compattezza, solidità, e trainare squadre pericolanti e in difficoltà a lidi più tranquilli. Esattamente come accaduto l’anno scorso. Ma adesso, una volta che è stato chiamato ad andare oltre le proprie caratteristiche sia tecniche che caratteriali, si ritrova a doversi snaturare con difficoltà che si vedono ogni volta che la Fiorentina scende in campo. Tanto dall’arrivare a schierare una Fiorentina praticamente a 5 dietro contro Udinese e Padova in casa.
APPROCCIO OK, POI LA TREMARELLA. Il che appare ancora più evidente nel momento in cui la Fiorentina quasi mai ha sbagliato approccio alla partita, ma si è persa a cammino in corso. Col Torino sbagliò diverse occasioni nel primo tempo, vincendo nel finale. Con l’Inter partì forte, reagì, e perse nel finale. Con Samp, Spezia, Udinese e Padova è partita fortissimo, creando e andando tre volte sul doppio vantaggio, per poi scomparire e finire in completa balia degli avversari. Il tutto in stadi vuoti, senza mormorii o pressioni apparenti, ma anche, d’altro canto, senza la carica del pubblico amico. ‘Braccino del tennista’? Forse più timori di sciogliersi alla prima difficoltà e non credere nei propri mezzi. Ma anche spaesamento tattico e mix di scelte troppo timorose da un lato e troppo sbilanciate dall’altro.
DS-TECNICO, DUE VELOCITA’. Che il ds viola, Daniele Pradè, volesse cambiare allenatore ormai lo sanno anche i muri. E che Iachini sia stato confermato da Commisso anche. Resta, tuttavia, evidente come direttore sportivo e tecnico viaggino su due velocità differenti. Uno ha messo in rosa calciatori dalle caratteristiche offensive, l’altro predilige giocatori e assetti più equilibrati e difensivisti. Capita, così, che Iachini pur di non cambiare il suo assetto tattico e pensare di avere garanzie di equilibrio snaturi diversi elementi, da Callejon punta ad Amrabat regista, perdendo in realtà ogni forma di stabilità per buttar dentro due interni di spinta come Castrovilli e Bonaventura. Esito: la Fiorentina non attacca, non crea e non difende più, passando larga parte delle partite in balia degli avversari. E con la paura di non farcela. Aspetti che portano a prestazioni come quella con Udinese e Padova, che lasciano in dote due vittorie, ma con enormi dubbi che tale canovaccio (fortunoso tra pali e miracoli dei propri portieri) possano portare chissà dove.
LIMITI. La vera paura, forse, deriva proprio nel dover andare oltre. Oltre propri limiti, oltre proprie caratteristiche e visioni. E succede quando gli obiettivi sembrano essere più grandi delle proprie possibilità e capacità.
Di
Gianluca Bigiotti