Archiviate le due settimane dedicate alle gare delle nazionali torna il campionato, e per la Fiorentina contro l’Atalanta sarà l’inizio del secondo tour de force stagionale. Una serie di partite, sette in ventuno giorni, che la squadra viola dovrà sfruttare al massimo per dare una svolta, dare un’impronta ben definita alla propria stagione. Perché non ci sarà solo il campionato ma anche l’Europa League.
Sousa, Kalinic e compagni sono chiamati a una serie di prestazioni e risultati dove è vietato sbagliare se si vorrà continuare a pensare di raggiungere grandi obiettivi.
Nelle ultime settimane, però, sembra che in molti (opinionisti e tifosi) abbiano individuato in Paulo Sousa il problema principale di una Fiorentina che fino a oggi non ha entusiasmato sul piano del gioco e dei risultati. Un Sousa che in molti trovano molto diverso rispetto allo scorso anno, meno sorridente e più cupo, troppo legato ai suoi pensieri tattici e non adatto a dare un volto diverso alla Fiorentina. C’è chi ha già chiesto la sua ‘testa’ per ridare entusiasmo e un gioco diverso alla squadra, magari andando a puntare su allenatori come Stefano Pioli o simili.
Tutto possibile nel calcio di oggi, ma a volte si dimentichiamo in fretta soprattutto le cose positive, dati concreti e oggettivi, la filosofia di gioco e di vita di Sousa ha dato alla Fiorentina.
La prima parte della scorsa stagione, con una Fiorentina in lotta per il primo posto in classifica, non poteva essere frutto del caso. Sei vittorie nelle prime sette giornate non potevano essere solo un regalo degli avversari. Una Fiorentina che per gioco era presa a modello non solo in Italia ma anche in Europa. Nella seconda parte di stagione, invece, il netto calo di prestazioni e risultati fu indicato in molti dal fatto che la rosa della squadra era troppo ‘stretta’ e ‘limitata’ (sottolineato anche dai dirigenti viola) per poter continuare a coltivare grandi sogni.
La squadra viola ha ottenuto 8 punti in 6 partite, non molti ma rispetto agli avversari ha giocato una gara in meno (quella contro il Genoa) e chissà che classifica avrebbe potuto avere la Fiorentina con un risultato positivo, magari con una vittoria.
Pochi, poi, sottolineano che la difesa viola (tanto criticata) è comunque la terza del campionato con solo 6 gol presi (in 3 gare sulle 6 giocate, al primo posto la Juventus con 4 e poi Genoa con 5) e la Fiorentina ha già affrontato quattro squadre delle prime sei in classifica. Sono dati oggettivi che in parte fanno dare un’altra valutazione sulla prima parte di stagione della squadra di Sousa.
Certo, non tutto funziona come dovrebbe. Il gioco non è, e probabilmente non potrà essere, come quello dello scorso anno. Tutti avevano ormai capito come giocava la Fiorentina, e anche per questo Sousa e i giocatori hanno provato a cambiare qualcosa per tornare a essere più imprevedibili. Alcune soluzioni hanno funzionato, altre no, e per questo Sousa deve continuare a lavorare, forse anche più di prima, perché i problemi vengono risolto. A questo, poi, bisogna anche aggiungere l’arrivo dei nuovi giocatori (Corvino e la società viola hanno sempre sottolineato che quello estivo è stato un mercato per rinforzare la panchina di Paulo Sousa) e il graduale inserimento in una nuova filosofia di calcio.
Il tutto senza dimenticare che probabilmente a oggi il vero grande problema è quello che la squadra, gli attaccanti non riescono a concretizzare le azioni da gol create. Se i giocatori viola fossero riusciti a concretizzare la metà delle palle gol avute nelle prime sei giornate di campionato, uno o due punte in campo, probabilmente anche la classifica della Fiorentina sarebbe stata diversa, e anche il gioco. Perché vittorie su vittorie portano entusiasmo, maggior consapevolezza nelle proprie forse, voglia di migliorarsi partita dopo partita.
Ricordando che comunque quando le cose vanno bene è merito di tutti, dalla società all’ultimo dei dipendenti, ma che dovrebbe essere così anche vanno meno bene o male e non solo colpa di una sola persona. Ma si sa che nel calcio quello che decide e decidono tutto sono sempre e solo i risultati.
Di
Gianni Ceccarelli