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Paradosso viola: classifica da Europa, ma con le big (quasi) sempre ko. Il ‘fuoco dentro’ di Italiano e la voglia di migliorarsi che deve passare dal mercato

Italiano

Gap colmato a suon di numeri, ma non negli scontri diretti. Sei gare su 12 contro le grandi: primo bilancio, anche in chiave mercato

Premessa: alzi la mano chi, dopo anni a lottare nei bassifondi della classifica, si aspettava una Fiorentina al 7° posto (seppur in coabitazione con Juve e Bologna) dopo 12 partite, di cui metà giocate contro le prime del passato campionato. Per di più con una rosa che ha cambiato pochi interpreti rispetto alle annate con Montella, Iachini e Prandelli. Eppure, ad un terzo di campionato i viola sono lì, in piena zona Europa, e dopo la 2° giornata non sono più scesi sotto al 9° posto. Ma… a trarre il primo mini-bilancio, con il bicchiere più che mezzo pieno, c’è anche la sensazione di aver di fronte una squadra che non riesce a compiere lo step decisivo per salire di livello.

AMARE SCONFITTE. La Fiorentina ha stupito tutti sul piano del gioco, dell’atteggiamento, della personalità, dell’identità di squadra. Ma i numeri dicono di 6 vittorie e altrettante sconfitte, di 16 gol fatti (pochi, vista la filosofia di gioco) e 14 subiti. Di un’incapacità di riprendere partite da situazioni di svantaggio (ha sempre perso quando è andata sotto) e di tanti gol incassati nella ripresa (ben 11 nei secondi tempi). E soprattutto di buone, e spesso ottime, prove contro le grandi, condite però quasi sempre da amare sconfitte. È successo a Torino con la Juve, così come a Roma con la Lazio: partite bloccate, anche ben giocate sul piano della personalità, ma alla fine avare di punti. Mentre contro Intere Napoli i viola avevano pagato primi tempi di grande livello con riprese da rimonte al passivo. Con la Roma, invece, un paio di disattenzioni con difesa alta in inferiorità numerica. Unica eccezione con l’Atalanta a Bergamo, con il 2-1 di settembre raggiunto con le unghie dopo il finale in crescendo dei nerazzurri.

‘UP & DOWN’. Insomma, la Fiorentina ha quasi sempre fatto voce grossa con le medio-piccole, steccando di contro con le grandi. Unica eccezione la sconfitta di Venezia, che si può ‘bilanciare’ con la vittoria di Bergamo.Ne esce a conti fatti una squadra con poca continuità, con zero pareggi a referto e diversi ‘up & down’. In più, c’è una tendenza che preoccupa e riguarda il reparto offensivo: a fronte di un possesso praticamente sempre superiore agli avversari (la Fiorentina è tra le prime in A), spesso gli attaccanti hanno faticato a costruire occasioni da gol. Italiano ha insistito spesso su questo tasto: bisogna osare di più negli ultimi metri, trovare la giocata giusta, il guizzo vincente. Si arriva spesso lì, ma si crea e conclude poco. Nelle ultime 4 trasferte, ad esempio, la Fiorentina ha tirato complessivamente 6 volte nello specchio della porta. Davvero poco.

IL PARADOSSO. Eppure, al di là di tutto questo, la Fiorentina è lì, alle porte della zona Europa. La sconfitta di Torino impone di leccarsi le ferite, ancora una volta, durante la pausa per le Nazionali. Ma dopo 12 partite di Italiano vedere i viola al 7° posto vuol dire che il percorso intrapreso è quello giusto. C’è da migliorare, sì, c’è da crescere, in tanti aspetti. Ma la strada è buona. Il gap con le grandi qualche mese fa pareva incolmabile in breve tempo: l’anno scorso la Fiorentina ha chiuso a 22 punti di distanza dal 7° posto (detto che potrebbe non bastare per l’Europa, dipende sempre dalla vincente della Coppa Italia), a 13 la stagione precedente, ancora a 22 nel 2018/2019. Adesso è lì. Certo, quel gap non è ancora colmato negli scontri diretti. Ed è il vero difetto di questa Fiorentina nel primo terzo di campionato. Una sorta di paradosso. Ma c’è una considerazione numerica – anche solo e puramente teorica – che può confortare nel trend viola fin qui: pur perdendo tutte le gare contro le famose ‘sette sorelle’, e vincendo le restanti partite contro le altre dodici squadre, si arriverebbe ad una proiezione di 72 punti finali. Quota che garantirebbe ampiamente l’Europa.

L’ULTIMA ‘SORELLA’. È logicamente un ragionamento al limite del reale, perché difficilmente una squadra può riuscire a vincere proprio tutte le gare con le medio-piccole, e magari può riuscire a strappare punti invece alle prime della classe. Ma può aiutare a far capire come, in un campionato in cui tante attese protagoniste fanno fatica a trovare continuità e identità (Juve, Roma, Lazioe Atalanta, ad esempio), ci si possa anche inserire in posizioni nobili pur essendo sulla carta inferiori. Come sta facendo fin qui la Fiorentina, del resto. Chiaro che poi le tabelle nel calcio difficilmente vanno a compimento. Ma già nel rush finale del girone di andata, da dopo la sosta fino a Natale, si potrà avere un’idea chiara di questa Fiorentina. Con il Milan che sarà l’ultima delle ‘sette sorelle’ da affrontare, per poi sfidare squadre partite oltre le aspettative (Bologna e Verona, entrambe in trasferta), l’ottava forza degli ultimi anni (Sassuolo in casa), affrontare il derby di Empoli al Castellani e giocare contro due squadre in lotta salvezza come Samp e Salernitana(entrambe al Franchi).

VOGLIA DI MIGLIORARE. Tutto questo per ribadire come il calendario, tra l’altro, non abbia certo agevolato in queste prime dodici partite il percorso della Fiorentina. Che pure è chiamata a migliorare le cose che non vanno.E se alla ripresa contro il Milan Italiano dovrà inventarsi la difesa, con Milenkovic e Quarta squalificati e Biraghi e Nastasic (oltre a Terzic) che torneranno solo a pochi giorni dalla sfida ai rossoneri, è l’attacco il reparto sotto osservazione. Anzi, la fase offensiva. “Ho il fuoco dentro”, ha in più occasioni ribadito il tecnico dopo cocenti sconfitte. E lo stesso stato d’animo lo avrà accompagnato anche dopo il ko di Torino. C’è voglia di crescere, di bruciare le tappe, di imporsi. Italiano è ambizioso, vive il calcio h24, ha rigenerato giocatori che parevano persi, ha valorizzato singoli e dato identità di squadra. Ma se in estate insieme alla società c’era la volontà di valutare la rosa per capire chi potesse far parte di un certo tipo di calcio, adesso una mano dovrà arrivare proprio dai dirigenti. E dal presidente.

UNA MANO DAL MERCATO. Al di là del caso Vlahovic, e di un eventuale sostituto in caso di partenza a gennaio (difficile), per aiutare la Fiorentina a fare un ulteriore step servirà proprio un supporto dal mercato. Durante l’ultima sosta dell’anno di solito si gettano le basi per i movimenti invernali, e dopo 12 gare si può trarre un primo bilancio tecnico e tattico delle zone di campo dove poter migliorare. La sensazione è che con due giocatori importanti a coprire due ‘falle’ della rosa (un attaccante da poter inserire a gara in corso o da alternare a Vlahovic, e quell’esterno in più che Italiano aveva chiesto in estate), si possa già alzare la prima asticella. Certo, serviranno i giocatori giusti, già pronti e in grado di fare la differenza, così come probabilmente investimenti non da poco in un mercato difficile come quello di gennaio. Ma la classifica e il percorso intrapreso dicono che è questo il momento per capire in che direzione andare. Accelerare il percorso di crescita o meno. L’occasione è adesso. Anzi, a gennaio.

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