
La disfatta di Cagliari fa ancora male: servono spiegazioni e chiarimenti. Colpe di Montella e non solo.
Perdere ci può stare, specie sul campo della squadra più in salute del momento. Perdere la faccia, decisamente no. Ecco, in quella che è stata la prima vera figuraccia della nuova era Commisso, la Fiorentina è riuscita a dissipare una bella fetta di ottimismo che, al di là dei risultati, si era creata nei primi due mesi di campionato. Un tonfo prima nella prestazione e poi nel risultato, un approccio nuovamente disastroso alla partita. E quell’“ancora” evidenziato a caldo da Rocco Commisso (“Ancora una volta abbiamo fatto un primo tempo non giocando bene e la squadra non mi è piaciuta”) fa capire come da parte di tutti ci sia la volontà (e la necessità) di comprendere (e subito) i motivi di un tracollo del genere. Chiaro che non sia tutto da buttare quanto fatto finora, ma una sconfitta così fa venire più di un dubbio nel processo di crescita della squadra. Crescita che, in fin dei conti, nelle ultime settimane non c’è proprio stata.
ATTEGGIAMENTO. Un’analisi che verrà fatta al centro sportivo mercoledì, alla ripresa degli allenamenti, ma soprattutto prima della sfida di Verona, quando torneranno tutti i Nazionali. Un atteggiamento in poche parole inaccettabile, contro un Cagliari sì più rodato, in forma (anche fisicamente), esperto e di qualità, ma che soprattutto in campo ha messo una voglia e una determinazione che hanno ‘mangiato’ fin da subito Badelj e compagni. Senza una minima reazione dei viola, se non sul 5-0. Quando, ormai, la ‘frittata’ era fatta.
ROSA. E a proposito di ‘frittata’, in molti hanno riportato alla mente le parole di Sousa (quelle delle ‘omelette fatte con le uova che si hanno’), nel senso di una rosa non qualitativamente profonda e di una coperta corta soprattutto a centrocampo. Dove Badelj è la brutta copia della sua versione migliore (o comunque decente), dove Pulgar (che le ha giocate tutte) è apparso in debito di ossigeno. E dove Benassi evidentemente non è giudicato in grado di essere valida alternativa, come ancor meno il giovane Zurkowski. Due giocatori che, pure, alla ripresa al Bentegodi, saranno chiamati a dare man forte in mezzo per le squalifiche del cileno e di Castrovilli. Una Fiorentina costruita in fretta in estate, che ha mantenuto alcune lacune mancando il colpo ad effetto proprio in mezzo al campo (da De Paul a Tonali, fino a Nainggolan). Oltre che in attacco. Una Viola costruita per il 4-3-3, comunque, e poi adattata al 3-5-2 strada facendo.
ALLENATORE. Ma al di là dei moduli, del tema attaccante o altro, è proprio l’approccio e la mancanza di ritmo e intensità che preoccupa. A Cagliari, ma anche contro Parma e Sassuolo era successa la solita cosa. Mancava Ribery, vero. Ma può un giocatore solo, per quanto fortissimo, carismatico ma pure di 36 anni, determinare così tanto l’atteggiamento mentale di tutta la squadra? Per poi tornare alla rosa: alternative di poca qualità e rendimento sì, ma anche poco ruotata nei suoi interpreti. E quindi poco abituata, nel momento del bisogno, a sopperire alle assenze. Seppur pesanti. E qui vengono le responsabilità dell’allenatore. Non solo dal punto di vista tattico, dei cambi o altro. Perché quando la squadra si presenta in campo come nelle ultime partite, e non riesce a reagire come a Cagliari, vuol dire che qualcosa non è andato nella preparazione alla partita. E nella trasmissione di idee e motivazioni. Anche se, da contraltare, alla fine in campo ci vanno proprio i giocatori. I primi artefici di una disfatta a livello psicologico prima che tecnico-tattico.
SINGOLI. Qui si apre così un altro capitolo. Che alla seconda sosta di campionato porta a delle inevitabili riflessioni. Ovvero il rendimento dei singoli. Alcuni decisamente sotto le aspettative. In primis Badelj, tornato per essere il ‘cervello’ della Fiorentina, oltre che tra i leader carismatici nello spogliatoio. Sul campo, però, una sola partita di assoluto livello (San Siro), alcune prove discrete e ultime gare disastrose. Eppure per il tecnico è insostituibile (anche, evidentemente, per mancanza di alternative). Poi Chiesa: questo dovrebbe essere l’anno della consacrazione, le ultime prestazioni però sono state deficitarie. Una condizione fisica non eccellente, un ruolo e un’impostazione di squadra che probabilmente non lo mettono in grado di rendere al meglio. Ma d’altro canto, specie nelle difficoltà, adesso da lui tutti si aspettano qualcosa in più. Per il valore del giocatore, per le qualità tecniche e fisiche. Nonostante la carta d’identità reciti 1997. Anche Federico è entrato nel vortice delle critiche, poco perdonato da molti tifosi dopo l’estate fatta di dubbi e tormenti. Un momento, il primo di vera difficoltà individuale in una carriera fin qui fatta di sola crescita, delicato, con la questione rinnovo che resta inevitabilmente sullo sfondo.

Di
Marco Pecorini