La partita contro la Juve ha mostrato ancora una volta i limiti della squadra di Italiano. L’Europa passa (forse solo) da Conference e Coppa Italia
Spumeggiante il mercoledì in Coppa Italia, arrendevole nel primo tempo di Torino e poi dominante, ma vanamente, nella ripresa. È l’altalena (continua) chiamata Fiorentina, tra una partita e l’altra e all’interno della stessa gara. Film visto e rivisto, in questa stagione e in generale in questo triennio. Una squadra capace di grandi imprese, prestazioni importantissime contro squadre più forti, che poi scivola con avversarie alla portata o regala tempi interi a squadre che si potevano tranquillamente provare a battere.
RITMO. La grande differenza tra la gara con l’Atalanta e il primo tempo contro la Juve? L’intensità. Il ritmo. Da togliere il fiato contro i nerazzurri, col freno a mano tirato contro i bianconeri. Eppure i giocatori, a distanza di tre giorni, erano gli stessi per nove/undicesimi. Anzi, forse uno dei motivi più grandi sta proprio qui, perché l’undici iniziale dello Stadium è parso pagare parecchio, soprattutto a livello mentale, la prova importante di Coppa. Scarichi, incapaci di tentare una giocata, paurosi (come ha sottolineato anche Italiano), imprecisi tecnicamente. Ma soprattutto troppo lenti, in tutte le zone del campo. Nella ripresa, al di là di un possesso palla arrivato all’84%, è stata un’altra Fiorentina, soprattutto nell’ultima mezz’ora. Non solo per le occasioni di Nico e Beltran, ma proprio per la prestazione. Anche se i soliti limiti là davanti hanno reso vano il dominio territoriale e l’accelerata pur notevole nella manovra. Fare gol alla Juve di Allegri quando si schiaccia così in basso, per questa Fiorentina, è un’operazione quasi impossibile, ormai si è capito.
SEMPRE AL MASSIMO. Si diceva del ritmo e dell’intensità. “Andare a mille” è un concetto che Italiano e la società hanno ripetuto spesso in questo triennio. Caratteristica principale della Fiorentina quando ha fatto le partite più belle di quest’anno (con l’Atalanta mercoledì, contro la Lazio in casa, a Napoli) e nelle stagioni passate (con Inter e Milan l’anno scorso, ancora con l’Atalanta e il Napoli, ma anche in Conference). Ma tutto questo è diventato anche un limite. Perché ormai si è capito bene, questa Fiorentina, così voluta e costruita, sa praticamente vincere solo quando spinge il piede forte sull’acceleratore. Poche volte i viola hanno vinto partite andando sotto ritmo, gestendo o vivendo di episodi. Nel finale di 2023 con quei tre 1-0 di fila era per certi versi successo, l’anno scorso contro la Cremonese e l’Udinese nella seconda parte di campionato. Di fatto solo quando gira tutto bene e la squadra viaggia sulle ali dell’entusiasmo, della sicurezza dei propri mezzi, della personalità, allora la Fiorentina si è potuta permettere di gestire o andare più piano.
ALTALENA CONTINUA. Insomma, una squadra che deve andare sempre al massimo per vincere, altrimenti si fa dura. Il fatto è che non è possibile farlo con una rosa così e giocando quasi sempre ogni tre giorni. Specie quando le partite diventano tutte determinanti. In questa stagione saranno almeno 55 le gare giocate, sperando di arrivare a 59 (vorrebbe dire centrare ancora la doppia finale nelle coppe): fanno almeno 160 partite in tre anni con Italiano, 115 nelle ultime due stagioni. Se non è un record (pur con il Mondiale invernale l’anno scorso), poco ci manca. E per una squadra che ha pochi (pochissimi) giocatori sopra la media, e praticamente nessuno che riesce a mantenere livelli alti per due partite di fila, va da sé che avere continuità diventa un’utopia. Andare al massimo dei giri è un modo per far rendere di più una squadra ‘normale’, ma anche un limite, evidentemente. E se in estate tante cose cambieranno, ormai la Fiorentina è questa, è evidente.
IN SALITA. In campionato non tutto è finito ma la strada è pesantemente in salita. L’obiettivo iniziale di migliorare il 7° posto è difficilmente raggiungibile (l’Atalanta 6° è a +7 dai viola), la Fiorentina ora ha davanti il Napoli (7° a +5), la Lazio (8° a +3) e il Torino (9° a +1), dietro il Monza (11° a -1). Detto che anche l’8° posto può valere la Conference in caso di Italia nelle prime due posizioni del ranking Uefa, il calendario in campionato può dare una mano visto che ora la Fiorentina giocherà 6 partite su 8 con squadre della parte destra di classifica (le altre sono contro il Napoli e il recupero con l’Atalanta). Ma non è detto che siano partite facili, anzi, contro squadre che magari devono salvarsi (come Verona, Sassuolo e Cagliari): a proposito di ritmo e motivazioni, le avversarie andranno presumibilmente molto forte. Nel girone d’andata contro le stesse 8 squadre la Fiorentina raccolse ben 7 vittorie e 21 punti: bissare questo filotto porterebbe, sì, i viola in Europa, ma la missione se non è impossibile, in queste condizioni, poco ci manca.
UN TROFEO PER CHIUDERE IL CICLO. La speranza, insomma, è riposta in gran parte proprio in Conference e Coppa Italia. Un po’ come un anno fa, tra l’altro, quando poi la Fiorentina non alzò nessun trofeo e centrò l’Europa grazie alla squalifica della Juventus. Nonostante tutto, questa squadra può assolutamente dire la sua nelle gare ad eliminazione diretta. Lo ha dimostrato anche mercoledì scorso contro l’Atalanta, in una gara in cui sulla carta non partiva favorita. Il ritorno a Bergamo sarà tutto da giocare, ma la missione finale è possibile. Così come in Conference: giovedì c’è la trasferta di Plzen, campo caldo e avversari da non sottovalutare, ma assolutamente alla portata. Così come poi eventualmente Paok o Club Brugge. È un rischio riporre le speranze europee solo nei percorsi nelle coppe? Assolutamente sì. Ma sono anche le competizioni in cui la Fiorentina ha dimostrato di saper dare il meglio di sé stessa. C’è poi quel senso di rivincita che il gruppo cova dalle due finali perse della scorsa stagione, c’è la promessa fatta nel nome di Joe Barone di regalare una grande gioia a Firenze. C’è, infine, la voglia grande di provare a chiudere questo ciclo con un trofeo che rimarrebbe nella storia, al di là del futuro che, Europa o non Europa, vedrà tanti protagonisti lontano da Firenze tra un paio di mesi.
Di
Marco Pecorini