Il prossimo controllo è previsto per febbraio. «Ci sono trenta probabilità su cento che la Bestia ritorni. Ma, credimi, dopo quattro operazioni, l’asportazione di una massa tumorale di sei chili, di un rene, di un pezzo di colon e di intestino, sei pronto a tutto. E, ogni giorno di più, apprezzi il tempo che ti è dato. Quando il medico dell’Albinoleffe mi ha mandato a fare dei controlli perché non gli piacevano per niente quella pancia così gonfia e la brutta cera che avevo, non lo sapevo. Non sapevo che, un sarcoma come il mio, ne colpisce uno su centomila. Quando ti viene il cancro, devi fidarti di chi ti cura e, chi mi cura, fidati, è davvero eccezionale».
Il coraggio di Emiliano Mondonico è disarmante. Suscita ammirazione, stima, empatia. Emiliano è in guerra contro il cancro da sei anni, ma dissimula bene. Dev’essere per il gusto della sfida che si porta dietro da quand’era il ribelle che si faceva squalificare apposta, per non perdere il concerto dei Rolling Stones al Palalido di Milano. Dev’essere per la serenità che si respira in casa sua dove Carla, la moglie, è l’architrave e Clara, la figlia, il pilastro. «Sei anni fa ho deciso di rendere pubblica la malattia perché non puoi nasconderti e perché sai che molte altre persone vivono la tua stessa situazione e hanno bisogno di sentirsi dire: coraggio, non mollare. Sapessi quanta gente mi scrive e me lo fa capire… Il cancro non è invincibile, il calcio mi dà la forza per continuare a sfidarlo».
Non è un modo di dire. Testimonial del Csi e dei suoi valori di lealtà sportiva, rispetto del prossimo, fair play; allenatore degli ex alcolisti e degli ex tossicodipendenti che, ogni giorno, lottano contro i propri fantasmi all’ospedale Santa Marta di Rivolta d’Adda; ambasciatore della Passione di Yara, la fondazione promossa da Fulvio e Maura Gambirasio, genitori della ragazza tredicenne di Brembate Sopra (Bergamo), scomparsa sette anni fa. «E poi alleno i ragazzi delle medie di Rivolta: è quando frequentano le medie che bisogna intervenire, parlare, educare. Si è ancora in tempo per mostrare loro, per spiegare loro che cosa sia il senso della vita. Alla fine di ottobre ho organizzato una partita fra gli studenti della scuola contro la squadra degli ex alcolisti e degli ex tossici; un’altra contro la Nazionale degli amputati, la sola Italia che nel 2018 andrà ai mondiali, in Messico; un’altra ancora contro una squadra di disabili. Al campo c’erano duecento fra ragazzi e ragazze, hanno capito molte cose. E’ stata un’esperienza bellissima. Peccato abbia risposto soltanto il venti per cento dei genitori. Vedi dove sta il problema? Un genitore non può dire ai propri figli: arrangiatevi. Nella vita, come nel calcio: uno su 40 mila ce la fa a diventare calciatore professionista. Noi dobbiamo preoccuparsi degli altri 39.999».
L’amarezza per l’eliminazione dalla corsa al mondiale non passa mai. Siamo davvero all’anno zero? «Per niente. Giovedì scorso, l’Atalanta non ha rifilato 5 gol all’Everton a Liverpool? La Lazio e il Milan, pur con tutti i problemi che ha il Milan in campionato, non sono già nei sedicesimi di Europa League come l’Atalanta? Napoli, Juve e Roma non sono ancora in corsa per gli ottavi di Champions League? La verità è un’altra. E’ finito il tempo del tatticismo esasperato, deve finire. Deve tornare il tempo in cui il nostro calcio riscopra le qualità che appartengono al suo Dna: la grande difesa, il contropiede, l’organizzazione tattica, la marcatura dei difensori sugli attaccanti. L’Atalanta di Gasperini marca a uomo e hai visto dove sia arrivata l’Atalanta di Gasperini in Europa. La Nazionale? Non ho capito perché non sia stato convocato Chiesa in occasione delle sfide con la Svezia: si vede da lontano che Chiesa ha un grande futuro, come si vedeva anche lontano da Cremona che Vialli sarebbe diventato Vialli e sarebbe arrivato in Nazionale».
Di
Redazione LaViola.it