L’epilogo di una stagione è, in gran parte, esso stesso lo specchio di una stagione. Per carità, nessuna analogia con l’attesa e il piacere di una nota pubblicità, ma nella notte del San Paolo sono emersi, ancora una volta, ancora più chiari, tutti i limiti e i paradossi di questo anno, difficile e complicato.
Obbiettivo europeo potenzialmente a un punto ma squadra sgonfiata, smarrita, impaurita. Mentalmente assente, come se bisognasse giocare perché contratto lo impone.
Quella sensazione per cui tanto quest’anno un ciclo finisce e va bene così. Sensazione che conoscevamo tutti(società in primis) già da Moena, ma che nessuno ha voluto cambiare.
Negli undici titolari di ieri sera, forse solo tre giocatori sono certi di rimanere anche nella prossima stagione: Vecino Tomovic e Maxi Olivera, per ragioni contrattuali e di obblighi di riscatto.
Il resto è in cerca di nuova sistemazione o in attesa di definizione: Tatarusanu è pronto a salutare, De Maio non verrà riscattato, Gonzalo in settimana si accorderà con la Lazio, Badelj è sul banco delle offerte di mezze squadre, Bernardeschi fa le orecchie sorde sul rinnovo, Ilicic viaggia sull’A1 tra Bergamo e Bologna e Kalinic, forse, aspetta di conoscere la prossima destinazione di Sousa. In più Cristoforo, il cui futuro verrà deciso con Pioli. A patto che si possa valutare da centrocampista e non da esterno di fascia del 4-2-3-1.
Insomma una squadra ai saluti che rendeva impossibile sperare in altri grandi esiti. Tutti con la testa altrove, al di là della litania del “sono professionisti”.
La gestione della gara poi da parte di Sousa è un’altro simbolo di un’annata storica per il numero di reti subite. Cambi così, ultraoffensivi e senza criterio. Giusto per sperimentare, tanto non faceva differenza. Sì perchè questo per il tecnico portoghese è stato l’anno degli esperimenti, del resto a Firenze per onorare il contratto e fare curriculum, per migliorarmi nel più difficile dei campionati e magari farmi vedere da qualcuno.
Obiettivi, zero, tanto meno la volontà di lasciare in alto la squadra.
La sintesi è la prestazione scriteriata, il sorriso sull’uscita a vuoto di Tatarusanu sul terzo gol e una gara vissuta in panchina, lontano dagli occhi, lontano da un cuore che dal Gennaio scorso ha battuto lontano dal viola.Purtroppo chi doveva capire(società e proprietà) non ha capito, non ha voluto capire. La speranza è che si possa imparare dagli errori, non continuare a sguazzarci.
Di
Duccio Mazzoni