Kean si afferma come bomber della Fiorentina, che trova nuovi leader nello spogliatoio sotto la guida di Palladino. Quale sarà il futuro di Biraghi?
Corre, si toglie la maglia e la mostra ai tifosi, balla la Griddy Dance e si prende tutto il tempo per ascoltare il suo nome riecheggiare al Franchi. È Moise Kean, il nuovo bomber della Fiorentina. Otto gol in campionato (suo nuovo record), prima tripletta in carriera, dodici marcature in stagione compresa quella siglata con la nazionale dove adesso potrà tornare. Davanti a Lautaro Martinez, Vlahovic, Lookman e Thuram nella classifica marcatori. Secondo soltanto a Retegui, col quale ha innescato una sana e piacevole competizione tutta interna al campionato e al gruppo azzurro per la gioia del ct Spalletti.
Con Moise in campo, sognare è lecito. Ma dietro a un grande bomber, c’è sempre una grande squadra. E il merito è di chi lo sta mettendo in condizione di esprimersi, di convertire quei palloni in rete. Col Verona cinque tiri in totale, quattro di questi in porta, tre gol. Sipario, applausi. E pensare che la Juventus ci ha sempre capito poco. Ceduto nel 2019 all’Everton per 30 milioni di euro (compresi bonus) per poi riprenderlo (dopo il brillante passaggio al Psg) per 28 milioni e cederlo lo scorso luglio alla Fiorentina per 13 milioni (oltre ai 5 di bonus). Nel mostrare quella maglia, nel pomeriggio del Franchi, c’era tutto l’orgoglio di chi a Firenze ha trovato una nuova casa e adesso rivendica: “Hey, sono Moise, proprio io. Ti ricordi di me?”.
LA CLAUSOLA. L’errore più grosso sarebbe quello di spendere la sosta per discutere della sua clausola rescissoria da 52 milioni. E non perché si debba far finta di non vederla o fingere che non esista. Per il semplice motivo che con o senza clausola, il futuro rimarrà nelle sue mani. Così come potrebbe accadere con qualsiasi altro giocatore. C’è un contratto, c’è un vincolo e c’è la volontà del giocatore. Quest’ultima, nel bene e nel male, avrà sempre il peso maggiore nelle leggi di mercato attuali. Con o senza prezzo per la risoluzione fissato sul suo conto. Semmai è giusto pensare a godersi il momento e proseguire nella programmazione del futuro. Perché al di là delle frasi di circostanza e dell’equilibrio che il tecnico giustamente mostra con serenità, tutti credono che qualcosa di grande si possa raggiungere. “Dipende solo da noi se possiamo restare in questa zona della classifica”, ha detto Palladino dopo il sesto successo di fila in campionato. Un gruppo che ci crede, che non nasconde il suo entusiasmo, che si compatta attorno ai nuovi leader dello spogliatoio.
NUOVE GERARCHIE. È la nuova gerarchia sotto la guida di Palladino. Ranieri è il nuovo capitano, Gosens il vice, De Gea non ha bisogno di fascia al braccio ma il suo carisma ha già calamitato il gruppo. Lo spagnolo è a capotavola, nell’immaginario disegno del collettivo. Al suo fianco Ranieri, Gosens e gli altri. Perché poi ci sono i trascinatori “de facto”: Kean, Dodo, Comuzzo, Adli, Bove, Cataldi e Beltran. Unione di idee, di intenti. Un gruppo che sta trovando la giusta maturità grazie anche alla mentalità di giocatori che hanno carattere, che hanno già vinto o che non hanno mai smesso di puntare in alto e alzare l’asticella delle ambizioni anno dopo anno. Esperienza al servizio dei più giovani, intensità negli allenamenti, capacità di archiviare e di dosare i momenti di gioia con quelli di amarezza. Conquistare, archiviare, ripartire. Nessuno si accontenta e i margini di crescita sono ancora ampi, in attesa di Gudmundsson che tornerà a correre in questi giorni per avvicinare il rientro dall’infortunio.
BIRAGHI. Il gruppo ha trovato i suoi leader, settandosi su nuove frequenze. Su queste pare non esserci più, da tempo, Cristiano Biraghi. Non è soltanto questione di fascia, che non indossa più in campionato da quel secondo tempo con la Lazio (22 settembre). D’altronde le gerarchie sono ancora immutate da quel punto di vista: Biraghi è ancora il “primo” capitano, con Quarta “secondo” e Kouame “terzo”. Ma ormai è riconoscimento virtuale, teorico, non più concreto e reale. Sono le logiche di uno spogliatoio, con le sue gerarchie determinate dall’avvento di un nuovo ciclo tecnico, di nuovi leader che soppiantano quelli precedenti. Non è necessario che venga detto, neanche annunciato. Accade e se ne prende atto. La scelta tecnica è chiara, presa da tempo e ribadita dalla gara col Verona: uscito Sottil si è optato per inserire Parisi alto a sinistra con Gosens bloccato basso nei quattro in difesa.
Semmai starà al club e a Biraghi discutere del futuro. Inutile tenere in rosa giocatori scontenti, non più coinvolti e attorno ai quali potrebbe esserci anche mercato. Il Fenerbahçe di Mourinho pare interessato e in Turchia potrebbe ritrovare Amrabat. Chissà. Gennaio è ancora relativamente lontano, per un gruppo che viaggia spedito nel solco dell’entusiasmo e di una compattezza creata, consolidata e rinvigorita dai nuovi leader dello spogliatoio della Fiorentina.
Di
Matteo Dovellini